Invito a far scorrere titoli e sottotitoli e a soffermarsi sulle immagini prima di addentrarsi nella lettura dei singoli capitoli.
Da 40 anni.
Progettare per studiare, leggere, capire, il disegno della città e del suo territorio.
Introduzione
Debellare l’UTOPIA
(neologismo di Tommaso Moro, coniato nel 1516, composto di ou non e topia luogo)
Significa: debellare il NON LUOGO
Significa: debellare la PERIFERIA CANCEROGENA, che invade e annienta tutto.
Premessa 1
“Lo sviluppo insediativo centripeto di qualità è il tema principale attorno al quale si articola la LPT.”
“In sintesi si tratta di guidare l’evoluzione degli insediamenti verso una maggiore concentrazione di abitanti e posti di lavoro in luoghi strategici, … luoghi ben allacciati al trasporto pubblico, dotati di commerci e servizi alla popolazione e all’economia, nonché di punti d’attrazione per attività di vario tipo (culturali, di svago ecc.)
Strategie!
Punto 1:
Considerando che questi “luoghi strategici” si trovano, nella quasi totalità dei casi, dentro i Centri Cittadini e in prossimità dei Nuclei Storici di villaggi e borghi del Cantone, è evidente che è attorno a questi luoghi che si devono definire i nuovi limiti all’interno dei quali densificare.
Punto 2:
Dentro questi “luoghi centripeti”:
– vanno abolite le normative edilizie, soprattutto di Piani Regolatori nati vecchi, presuntamente divine, assurde e inutili, che non hanno mai avuto alcuna relazione con modelli architettonici e urbanistici, che impediscono la contiguità, non permettono di definire lo spazio pubblico (piazze e strade) e non consentono l’uso razionale del terreno (strisce verdi di 4 metri attorno agli edifici non servono a nessuno).
– si devono riaffermare gli elementi strutturali che stanno alla base dei nostri villaggi, borghi e città:
Punto 3:
Si devono ridurre i costi del trasporto pubblico per favorire il ritorno delle persone nei centri.
– Gli anziani già seguono questa tendenza; cedono la propria casa in periferia ai figli o la vendono e vanno o tornano ad abitare il centro con tutte le comodità a portata di mano e una migliore socialità.
– Dapprima i meno abbienti e poi tanti altri seguiranno questa tendenza che permetterà di abbassare notevolmente i costi “urbanistici” (privati e collettivi).
Di conseguenza si abbasserà, notevolmente, anche il moltiplicatore d’imposta.
Punto 4:
Le aree esterne a questi “luoghi centripeti” vanno tenuti in “standby” (modalità d’attesa), in previsione di poter essere dezonati.
Punto 5:
Si dovrebbe definire e incentivare una virtuosa compra-vendita degli indici di sfruttamento (is) per trasferirli dalla periferia all’interno dei nuovi limiti dei Centri e dei Nuclei (centripeti) da densificare.
In Ticino è prassi considerare che un terreno che vale 100, se compero solo gli indici valgono 80, se compero solo il terreno, senza indici, ne vale 30 (80 + 30 = 110).
Se fossi proprietario di un terreno in periferia, magari con una villetta, avrei tutto l’interesse a vendere gli indici in esubero piuttosto che vendere il terreno o parte di esso e vedere costruirci una palazzina.
E’ una forma di dezonamento (parziale) molto più fattibile che l’esproprio.
Premessa 2
Sarebbe fondamentale fare chiarezza sui termini che si utilizzano:
Comune è una entità politica: può essere un villaggio, un borgo, una città, un’aggregazione
(Aggregazione: un insieme di comuni che si sono aggregati in un unico Comune).
Dovremmo sapere cos’è un villaggio, un borgo, una città; ma dobbiamo ricordare che la città non è tale in funzione del numero degli abitanti; si riconosce (definisce) dal tipo di urbanistica.
Un agglomerato è un insieme di territori (villaggi, borghi, città, spazi liberi) che fanno perno su un’entità egemonica (solitamente una città o per lo meno un capoluogo).
L’aggregazione di Bellinzona
Tredici comuni aggregati: due borghi, undici villaggi e qualche nucleo dentro la periferia che è un proliferare di costruzioni disseminate senza ordine né struttura né criterio e che invade e annienta tutto ciò che non è montagna, bosco, fiume; annienta anche i “Centri”.
Bellinzona ha una storia ricca, anche per la sua posizione strategica; già al tempo dei Celti.
Con l’arrivo della ferrovia (1874-1882) aveva scoperto la modernità dell’Ottocento e si era data da fare per trasformare il borgo, fermo all’alto Medioevo, in una moderna città (processo che si è interrotto già allo scoppio della prima guerra mondiale).
C’è una piccola parte di Bellinzona che ha il potenziale per diventare città: è l’area che si trova tra il Dragonato e via Varrone (dove c’è la chiesa del convento del Sacro Cuore) che in un secondo tempo può essere estesa fino a via Vallone (dove ci sono i palazzi opera dell’arch. Bianconi) che fa perno sull’area FFS di San Paolo.
Al centro di questa città: il nucleo medievale, i quartieri ottocenteschi e il grande verde attrezzato (con importanti edifici e impianti pubblici, scolastici, culturali, sportivi e di svago) che si estende dal viale Murate fino al viale G. Motta e dal viale Portone e dal viale General Guisan fino alla golena del fiume Ticino.
All’interno di questa grande area (dal Dragonato a via Varrone, via Vallone) vanno eliminate le normative obsolete e dovrebbero valere i criteri dei Centri e dei nuclei Storici.
– Giubiasco ha il potenziale per diventare un borgo forte; sono da ridefinire i nuovi limiti del Centro dentro i quali densificare.
Giubiasco non ha le caratteristiche topografiche e morfologiche per diventare città.
– Claro, …, Gorduno, Montecarasso, Sementina, Camorino sono villaggi; hanno loro particolari caratteristiche e tipicità; su queste devono puntare; emblematico lo sviluppo recente di Montecarasso.
Anche nei villaggi sono da ridefinire i nuovi limiti dei Nuclei dentro i quali densificare.
– C’è anche un area, tra Giubiasco e Bellinzona che ha il potenziale per diventare un nuovo Centro Civico grazie a una nuova Stazione Tilo ai Saleggi di Bellinzona
Vedi capitolo “Trasporti pubblici”
e vedi allegato 1: “Osservazioni relative alla consultazione sul PAB3”
Premessa 3
La “CITTA’” (ed il borgo ed il villaggio) può crescere solo quando ci sono limiti precisi, ristretti.
Cresce e si arricchisce grazie alla densificazione, alla sopra-elevazione, alla sovrapposizione, alla sostituzione, alla ristrutturazione, alla ricostruzione, …
Spesso i limiti della città sono rappresentati dalle mura che difendevano dalle bestie feroci e dagli attacchi di tribù ed eserciti nemici, ma era più importante l’aspetto simbolico: dentro o fuori, città o campagna.
Il limite della città si ampliava, si ridefiniva, solo quando aveva raggiunto la saturazione.
Spesso non c’erano le mura ma il limite era dato dalla necessità di preservare la campagna per motivi di sussistenza. Lo stesso discorso vale per villaggi e borghi.
Da quando si è abbandonata la nozione di limite la città è persa, sciolta dentro il mare di periferia cancerogena che fagocita tutto.
Di fatto ci troviamo di fronte ad un nuovo limite: quello economico.
Il nostro modo di urbanizzare non è più sostenibile sul piano economico prima ancora che sul piano dell’uso parsimonioso delle risorse, delle energie e del territorio.
Dentro la città, rispettivamente il borgo e il villaggio, andrà decisa un’altezza degli edifici uniforme.
In punti strategici e per edifici pubblici potrebbero essere concesse delle deroghe che però andranno vagliate attraverso l’esercizio dei concorsi di architettura pubblici e l’esercizio democratico.
Tutto il resto del territorio bellinzonese, esclusi boschi, aree agricole, fiumi e torrenti, è da considerare periferia, da estirpare (contenere).
Sono prevalentemente 3 i fattori che caratterizzano la periferia cancerogena:
– una diversa parcellizzazione rispetto a quella che troviamo all’interno di villaggi, borghi e città (con le antiche parcellizzazioni di prati, campi e pascoli smembrate a tavolino da “geometri”, tramite l’utilizzo, rudimentale, di una squadra);
– una infinità di normative edilizie – soprattutto di Piani Regolatori nati vecchi – presuntamente divine, assurde e inutili, che non hanno mai avuto alcuna relazione con modelli architettonici e urbanistici e di cui si evita di conoscere l’origine e, nella periferia,
– non esiste spazio pubblico, spazio privato e spazio intimo ma solo area pubblica o area privata (attenzione: c’è una grossa differenza tra area e spazio).
Basta una corretta lettura del piano catastale per individuare i limiti delle aree urbane (villaggi, borghi, città) e organizzarne di nuovi.
Normative di cui si evita di conoscerne l’origine
– Per esempio le distanze degli edifici dai confini pubblici. Con l’avvento dell’automobile, 80 anni fa, sono stati distrutti interi quartieri per allargare vicoli e viottoli. Decisero che i nuovi edifici andavano costruiti a distanze che permettessero strade per automobili. Da allora queste norme stanno proliferando per inerzia, indipendentemente dalle strade già troppo larghe. I pianificatori si ingegnano con sempre nuovi criteri, in funzione delle altezze, della lunghezza delle facciate e quant’altro; distanze che impediscono la contiguità e la definizione dello spazio pubblico, perché strade urbane e piazze si delimitano con le facciate degli edifici, non con siepi e muretti e ramine di cinta di “giardinetti” privati.
La distanza degli edifici dalla strada (solo dalla strada) avrebbe senso se quell’area diventasse parte dello spazio pubblico (un marciapiede largo e se molto largo si potrebbero inserire filari d’alberi o aiuole o quant’altro).
– La distanza tra edifici è la conseguenza della paura del fuoco. Non ci si accontentava più del muro tagliafuoco per cui hanno introdotto la distanza minima di 3 metri tra un edificio e l’altro. Di conseguenza hanno iniziato ad inserire finestre sui muri che un tempo erano ciechi con l’effetto di dover aumentare le distanze per salvaguardare l’intimità; e via per inerzia.
– Oggi le distanze minime dai confini e tra edifici si concepiscono anche per avere l’illusione della casa nel “parco” (che, oggi, non è neanche più un giardino ma strisce di 4 metri).
– Nell’inconscio degli “architetti”, queste norme sono accettate volentieri anche perché permettono di considerare l’architettura come “oggettistica”, permettono di esercitare meglio, e su almeno 4 facciate, la brama di formalismo consumistico fine a se stesso.
Questo modo di costruire e abitare esprime il nostro modo di vivere settario, in sintonia con il più sfrenato consumismo.
Distanze dai confini pubblici (strade)
Avrebbero un senso se lo spazio tra l’edificio e la strada diventasse spazio pubblico, marciapiede largo, alberato, anche con posteggi.
Sarebbe opportuno che gli edifici, anche privati, rispettassero lo spazio pubblico; affacciandovisi; meglio ancora se contigui.
La regola della contiguità
E’ semplice: è permesso ogni tipo di espressione e ogni tipo di materiale e di colore, a condizione che la facciata sulla strada o la piazza sia prevalentemente simmetrica. Questo fa sì che la facciata sia finita su se stessa in modo da non esercitare ripercussioni sulla facciata accanto. Se guardiamo i fronti di strade e piazze dei nostri villaggi si vede che, normalmente, l’entrata all’edificio era asimmetrica, ma prevaleva la simmetria del resto della facciata. Solo i monumenti e gli edifici pubblici hanno anche l’entrata simmetrica.
Anche le case borghesi, per esprimere l’autoreferenzialità del proprietario (padrone).
Premessa 4
I PR (Piani Regolatori)
I PR sono stati introdotti, a partire dagli anni 60 del secolo scorso, per contenere gli effetti più deleteri del boom edilizio di quegli anni.
E’ uno strumento che è riuscito a limitare le altezze dei nuovi edifici che tendevano ad essere molto più alti delle costruzioni dei nuclei di villaggi, borghi e città, campanili compresi.
(è sempre opportuno?)
I PR non si sono posti il tema di limitare, ridurre, le aree edificabili.
In questa ottica, di contenimento di aree edificabili, si sono rilevati fondamentali (decisivi) i 2 decreti federali urgenti, quello sulla salvaguardia dei boschi e quello sulle infrastrutture.
Più recentemente le restrizioni sulle vendite di proprietà agli stranieri.
Dalle mie personali ”Osservazioni al Piano Direttore Cantonale”:
“l’abbandono dell’agricoltura nel corso dello scorso secolo” è tra le cause “dell’eccessivo dimensionamento delle zone edificabili dei comuni ticinesi”, ma andrebbe specificato che:
– era nell’interesse di quasi tutti mettere le più ampie aree possibili in zona edificabile. In Ticino, essendo la proprietà fondiaria da sempre molto frastagliata, la compra-vendita di terreni edificabili ha rappresentato una leva formidabile nella ridistribuzione delle ricchezze (1955-1975/1985).
– Dopo la seconda guerra mondiale, e ancora oggi, i centri e i nuclei storici sono stati abbandonati perché li si identificavano con la miseria. Gli spazi abitabili erano ristretti, i servizi igienici precari, per l’acqua s’andava alla fontana, c’era tanta promiscuità e, soprattutto, una struttura patriarcale asfissiante.
– nel contempo si affermava il modello della casetta dentro il giardino, con l’acqua in casa, il bagno, la cucina americana, la separazione giorno e notte, il riscaldamento centralizzato.
– il traffico privato, funzionale al sistema consumistico, ha esacerbato la tendenza alla suburbanizzazione/periurbanizzazione (periferia cancerogena).
I PR si sono limitati a organizzare le proprietà fondiarie (private) e solo in funzione delle quantità.
Anche le attrezzature e gli edifici pubblici sono stati considerati solo in funzione delle quantità e confinati su terreni a basso costo (periferici) invece di pensarli come elementi strutturanti, emergenti in posizione di riferimento strategico.
Solo rarissimamente i PR si sono preoccupati degli spazi pubblici (in pratica: mai).
Solo rarissimamente si sono preoccupati di ridisegnare una parcellizzazione da rurale a urbana.
La gestione dei PR è sempre stata confinata all’attenzione di pochi (pochi politici e pochi funzionari e il tecnico, al servizio di poteri forti).
Si è sempre cercato di evitare il coinvolgimento della popolazione.
“Progetti armoniosi e di qualità?”
(Articolo pubblicato su La Regione)
La buona o la cattiva qualità di una costruzione è una libera scelta di chi costruisce. Se si rispettano i parametri del Piano Regolatore (indici di occupazione e di sfruttamento, altezze, distanze dalle costruzioni e dai confini pubblici e privati) e le Norme Edilizie (sicurezza e igiene) il promotore, pubblico o privato, per legge, è libero di costruire ciò che vuole, anche porcherie. Penso che la maggioranza degli edifici recenti o in costruzione, sono architettonicamente scadenti, per non dire peggio. In realtà la qualità architettonica di un edificio è un problema relativo. Osservando i nuclei storici, per esempio Piazza Collegiata, ci accorgiamo che i singoli edifici sono tutti di qualità mediocre o addirittura brutti, ma hanno la qualità di concorrere, tutti assieme, a definire uno spazio pubblico, in questo caso una piazza. Lo stesso discorso vale per le altre piazze del nucleo e per via Codeborgo, via Teatro, via Camminada, viale Stazione e solo in parte per i viali G. Motta, Gen. Guisan, Portone, S. Franscini e per i quartieri San Giovanni e di via V. Vela. Tutto il resto di Bellinzona è un gran disordine. Una periferia che si sviluppa come un cancro, nella quale non si trovano le qualità dello spazio pubblico dei nuclei medievali e dei quartieri ottocenteschi. Il problema vero è rappresentato dalle attuali normative di Piano Regolatore che impediscono di costruire spazio pubblico (piazze, strade, parchi) come lo conosciamo nel centro storico di Bellinzona e di tutto il mondo. Con le norme in vigore anche il migliore architetto può solo costruire un bel oggetto che, accostato agli altri, crea un insieme di oggetti disordinati, come in una discarica. Il quartiere Delle Semine è emblematico. Una grande area agricola, dedicata alle semine, è stata data in pasto alla speculazione immobiliare senza una minima regola; prima palazzine e casette lungo “antichi” percorsi o sentieri, solo successivamente le infrastrutture; e via a riempire tutto con altri edifici. Dentro questo disordine e stata inserita la circonvallazione tra Giubiasco e Bellinzona che non ha certo contribuito a riordinare il paesaggio, anzi! Ultimamente, dentro questo generale disordine, sono state avvallate scelte pianificatorie assai discutibili; tra queste la variante di PR che ha concesso ad un privato, in via Antonio Raggi, altezze, indici di occupazione e di sfruttamento particolarmente elevati in funzione di un “Centro di Quartiere”. E’ difficile individuare criteri urbanistici che giustificano questa modifica di Piano Regolatore, si possono intuire criteri clientelari. Ma la frittata è stata fatta ed altre sono in preparazione.
Per invertire la tendenza dobbiamo riflettere seriamente sulla necessità di una revisione radicale del Piano Regolatore capace di rispondere alle nuove esigenze di uso parsimonioso del territorio, delle risorse, delle energie e capace di promuovere lo spazio pubblico urbano: piazze, strade, parchi. Siamo in grado di cogliere la sfida?
Il Masterplan ed il PR sarebbero cose facili da comprendere, soprattutto per persone semplici che sanno osservare, che hanno ancora un rapporto con la terra, che ti guardano negli occhi e ti danno una stretta di mano, soprattutto dopo un confronto sincero.
La trentennale esperienza urbanistica di Monte Carasso
Gli obiettivi:
- La densificazione del territorio attorno al “nuovo” centro.
- Sulla base di una conoscenza precisa della struttura del paese, estremamente differenziata ed eterogenea, si deve tendere alla formazione di un contesto significativo che dia senso ai “monumenti” pubblici, senza il ricorso al controllo formale di ogni intervento privato, già lungamente sperimentato a livello cantonale, tramite la Commissione delle Bellezze Naturali, con risultati deludenti. Da qui la necessità di un controllo pubblico degli interventi, che si limitasse all’impianto tipologico e morfologico del progetto rispetto al contesto.
- La riduzione massima del numero di norme, per permettere una più grande libertà di progettazione, in particolare nel settore privato, per evitare norme che rendessero difficili, se non impossibili, interventi di qualità (ciò che è il caso frequente nelle normative adottate sul contesto dell’intero cantone) e per sveltire la prassi di approvazione dei progetti.
- La possibilità di verificare di volta in volta l’opportunità delle norme stabilite rispetto alla realtà.
Il nuovo regolamento, oltre alle normative tese alla densificazione (indici di sfruttamento più che raddoppiati, diminuzione (o stralcio) delle distanze dalla strada e dai fondi privati, ecc.) è accentrato su due normative importanti:
- “ogni intervento deve essere effettuato nel rispetto della struttura architettonica e urbanistica esistente e comunque nel confronto con la stessa.” La difficoltà d’interpretazione di un tale articolo ha comportato la proposta di una commissione di architetti specializzata nella “struttura del luogo”.
- “una norma che permette un controllo degli spazi pubblici, come strade e piazze, e che riguarda i muri di cinta, che nella maggior parte dei regolamenti esistenti, o non sono previsti o sono limitate ad altezze estremamente ridotte (80/100 cm)”.
Questo articolo permette la recinzione dei fondi fino a m.2.50 d’altezza e oltre alla definizione degli spazi pubblici permette di ridare alla residenza privata la necessaria privacy.
Il Feudale viveva nel castello.
Andrea* ne ha illuminato uno che ha capito l’anacronismo ed è stato un gran successo per la Villa Palladiana, in Europa, in Inghilterra, nelle Americhe. La villa dentro un grande parco.
Caduti il feudalesimo e le signorie (apparentemente) se ne sono appropriati i borghesi, poi i piccoli borghesi e anche il ceto medio e anche la classe operaia che non si chiama più così e neanche più proletariato.
In un continuo processo di riduzione le ville sono diventate villette, villini, casine, casette dentro parchi sempre più ristretti che non sono neanche più giardini ma strisce di 4 metri con erba, cespugli, piante, fiori, alberi, ed anche nanetti, circoscritti dai più svariati tipi di recinto con cancello (bucalettere, videocitofono e sofisticati congegni d’allarme).
Una marea (d’illusioni) come di rifiuti che ricopre tutto.
Tutto un non-luogo (in greco ü e topos) dunque utopia. (mi accusano di utopia e l’hanno realizzata)
Democratica espressione di una società settaria, individualista, narcisista, edonista, consumista, … che si “interroga” sui motivi di tanta solitudine.
* Andea Palladio pseudonimo di Andrea di Pietro della Gondola (Padova, 30 novembre 1508 –Maser, 19 agosto 1580), è stato un architetto, teorico dell’architettura e scenografo italiano del Rinascimento, cittadino della Repubblica di Venezia. Influenzato dall’architettura greco-romana, anzitutto da Vitruvio, è considerato una delle personalità più influenti nella storia dell’architettura occidentale.
“Un futuro per il nostro passato: per un’efficace protezione del patrimonio culturale del territorio ticinese”?
(articolo che era stato preparato per essere pubblicato su La Regione)
Questa iniziativa promossa in Ticino da …???… non è solo conservativa, è reazionaria; è addirittura necrofila*, in perfetta sintonia con i movimenti reazionari e fascisti che prima e durante la seconda guerra mondiale hanno combattuto l’architettura moderna e razionalista (l’architettura dei tetti piani) che si era affermata ad Ascona grazie agli architetti germanici, Weidenmeier, Fahrenkampf e altri e in Italia, specificamente a Como, con Terragni, Cattaneo, Figini, Pollini, … che avevano degni proseliti in Ticino con Franconi, Amadò, Guidini, Bernasconi, Tami, Brunoni, Jäggli, ecc.
A quel tempo i nostri reazionari e fascisti pretendevano il ritorno allo stile (!!!STILE!!!) Lombardo!!! (possibilmente bucolico)
La villa è stata importata in Ticino, all’inizio dell’800, dagli emigranti di ritorno che avevano fatto fortuna, in Italia, in Francia, nelle Americhe.
M’impressionano soprattutto quelle costruite nelle nostre valli. Quadrate, ben piantate nel terreno, a lato del nucleo o lungo la strada, normalmente caratterizzano un parco, spesso con essenze esotiche.
A Bellinzona è esemplare il parco con la villa dei Cedri e il parco con la villa Bonetti in stile moresco.
In contrasto con le costruzioni tipiche del tempo, la villa è autoreferenziale.
Con la pianta quadrata, le facciate simmetriche, esprime assolutismo, soprattutto se l’entrata è al centro, sulla facciata principale.
Dalla fine del ’800 questa tipologia caratterizza i nuovi quartieri imperniati su un reticolo di strade ortogonali con marciapiedi. A Bellinzona i quartieri di San Giovanni e di via Vincenzo Vela. Esemplare il Quartiere Rusca di Locarno (1898) fortemente influenzato dal “Piano Cerdas” di Barcellona (1859).
Questo progetto prevedeva la costruzione di edifici sul limite dell’isolato con corte interna.
Era possibile acquistare l’intero isolato o una sua metà o un suo quarto.
La vendita all’asta andò quasi buca; su quei terreni i borghesi di Locarno volevano costruire le proprie ville (immagino che con il Quartiere San Giovanni di Bellinzona sia successa la stessa cosa).
Di conseguenza il progetto è stato modificato. Si è permesso di costruire la villa nel mezzo della parcella circondata da alberi, possibilmente sempre verdi, per definire il volume dell’isolato. Era obbligatorio il muretto di cinta in pietra, 90 cm d’altezza, con sovrastante inferriata di 150 cm per definire la sezione della strada con marciapiedi.
Questo modo di costruire esprime un sentimento settario in netto contrasto con lo spirito espresso dagli edifici contigui costruiti sul limite della strada o della piazza (con o senza marciapiedi).
Non è facile trovare contenuti adeguati che ne permettano il restauro o la ristrutturazione coerente.
Importante non è salvaguardare un edificio antico ma sostituirlo con uno di maggior pregio, rispettoso del contesto.
Questo mito della villa, poi villetta, villino, casina, casetta, è alla base del degrado del nostro territorio pervaso dalla periferia.
Il cittadino vive in città, il villano nel villaggio, il paesano in fattoria o nel villaggio, tutti gli altri in periferia.
necrofilia:
s. f. [comp. di necro– e –filia, sull’esempio del fr. necrophilie].
Deviazione sessuale, molto rara, consistente nell’attrazione verso cadaveri, che si accompagna spesso ad altre gravi
Premessa 5
La regola del villaggio (borgo, città)
L’esempio di Daro
.1 La definizione dell’area (limite o perimetro) dell’attuale Nucleo di Daro è arbitraria a dimostrazione che i pianificatori, i tecnici e i “politici” che l’hanno decisa non conoscono i criteri e le caratteristiche che definiscono un Nucleo o non sanno leggere un piano catastale.
Il nucleo (villaggio, borgo, città) è un’area delimitata, dedicata alla densificazione delle costruzioni, e in contrapposizione con la campagna (campi, prati, vigna, frutteti, pascoli, boschi).
E’ un’area caratterizzata da una parcellizzazione che si differenzia nettamente da quella della campagna.
.2 Le costruzioni del nucleo, spesso contigue, concorrono a definire, in modo preciso, spazio pubblico (strade e piazze), spazio privato (corti, cortili) e spazio intimo (patii, orti e giardini).
I giardini erano spazi definiti, spesso sul retro delle case, non dei resti di superfici tra la casa e lo spazio pubblico (strada o piazza).
Spazi, pubblici e privati, dentro i quali la comunità si identifica.
.3 La densificazione, tramite sopraelevazioni, ricostruzioni, sostituzioni, nuove costruzioni, … è la regola che fa la ricchezza del Nucleo e testimonia la storia, l’evoluzione storica di una comunità.
La contrapposizione tra nucleo e campagna era dettata dalla necessità di sussistenza e da criteri di economia nel rispetto dell’uso parsimonioso delle risorse, dell’energia e del territorio (per risorse e energie si intendono anche quelle umane).
Quando un Nucleo era saturo (difficile da densificare ulteriormente) si procedeva all’ingandimento dell’area; alla sua ridefinizione; secondo criteri di uso parsimonioso.
.4 I Nuclei testimoniano l’evoluzione storica di tipologie abitative, tecniche di costruzione, materiali, …, spesso importati, da altri luoghi o imposti da altri o da convenienza economica (in economia anche la fatica). In allegato un testo di Plinio Martini, Cavergno 1976.
Un tempo le case erano di pietra facciavista, poi hanno cominciato a rimboccarle con la calce, successivamente hanno scoperto l’intonaco, i colori, le decorazioni, …
Oggi intonaci e colori plastici (che schifo) e l’avversione al C.A. che è un materiale bellissimo.
I tetti erano di pietra (piode) che dava buona flessibilità alla forma della copertura ed aveva poco sporto rispetto ai muri delle facciate.
Successivamente hanno introdotto la tegola che ha modificato radicalmente l’immagine del paesaggio, pensiamo ai colori e alle sporgenze dei cornicioni e gronde sporgenti che modificano profondamente il gioco di luci ed ombre sulle facciate.
.5 L’architettura, come la pittura, la scultura, … e prima della scrittura, è un linguaggio.
.1f il pesce.
Era una cosa semplice, primordiale, come la parola: ma, ma, ma, … mamma!
(il tentativo disperato dei pesci)
Per quanto riguarda il nucleo medievale di Bellinzona ricordiamo soltanto che, alla fine degli anni ’60, interi quartieri sono stati rasi al suolo per costruire autorimesse sotterranee, alla Cervia, o posteggi in superfice, in Piazza Mercato, dietro il Municipio.
Uno scempio che accettiamo ignavi da 50 anni.
Quel che resta del Centro Medievale è vissuto solo al sabato mattina, grazie al mercato, e durante il periodo di carnevale; in settimana, di giorno, solo gente che si reca al lavoro, che si ferma per un acquisto o un caffè, che attraversa il centro per andare o tornare dalla stazione, che cerca o deve un’informazione, in Municipio piuttosto che all’ufficio del turismo o alla polizia, e turisti. Alla sera è come se ci fosse il coprifuoco, neanche i turisti, perché nel centro ci abitano pochissimi.
Il traffico
Il traffico privato
L’automobile è il problema più dirompente;
ha favorito l’urbanizzazione dispersiva su tutto il territorio con costi assurdi che ci rifiutiamo di quantificare, consuma un’enormità di spazio, inquina.
Il traffico è al collasso e non abbiamo né lo spazio né le risorse per nuovi investimenti.
Ciononostante il nuovo svincolo autostradale su via Tatti avrebbe effetti molto positivi;
tre le condizioni indispensabili:
.1 lo svincolo dev’essere completo (con il nuovo progetto a ciambella è facile da realizzare).
.2 un migliaio di posteggi di attestamento, ombreggiati con alberi, tra il Dragonato e via Tatti, da via Zorzi fino al fiume Ticino. Sarà una bella vista sui castelli per chi entra da via Tatti.
.3 Bellinzona deve diventare la prima città Svizzera a traffico lento; 30 km/ora sugli assi di penetrazione, 20 km/ora sul resto del territorio. Tutto pedonale, tutto ciclabile.
(altro che costruire ciclopiste)
Ambulanze, polizia e pompieri, attivando le sirene, potranno viaggiare a velocità di molto superiori.
Questo terzo svincolo autostradale riduce notevolmente anche il traffico attraverso Giubiasco per cui si può togliere la strada che attraversa la Piazza Grande di Giubiasco, convogliando il traffico da via Zorzi sul viale 1814 e su via al Ticino (vedi capitolo relativo a Giubiasco).
Sarebbe più utile mettere in galleria l’autostrada da Galbisio (all’altezza dell’area di servizio autostradale) fino a Sementina sud e poi attraversare perpendicolarmente il fiume Ticino per ricollegarsi all’autostrada esistente prima dello svincolo sud.
Così si toglie l’inquinamento, soprattutto fonico, che disturba tutta Bellinzona, fino su ad Artore, si rimette in valore il cono di deiezione di Montecarasso e Sementina, si liberano terreni preziosi e si ripristina l’accesso al fiume.
E’ una proposta che avevamo formulato in occasione del “Seminario ArgeAlp” che si era svolto nel 1992 al Monte Verità di Bellinzona nel 1992.
Ci hanno considerato dei pazzi però, contemporaneamente, hanno approvato la galleria di circonvallazione di Roveredo Grigioni. (???)
Oggi non ci sarebbero più le risorse necessarie all’opera.
Eliminare la via Giuseppe Lepori
Con una nuova passerella, pedonale e ciclabile, alla Torretta e considerando la passerella tra Bellinzona Nord (via Ripari Tondi) e Galbisio, si può eliminare la via G. Lepori, da sempre deturpante in mezzo a quest’area che dovrebbe essere il Grande Parco Attrezzato.
(vedi capitolo “Bellinzona. Un edificio Pubblico sul ponte che era di via Giuseppe Lepori”)
Posteggi
Le automobili inquinano di più quando sono ferme che quando viaggiano, difatti, per posteggiarle abbiamo distrutto palazzi, case, stalle, snaturato piazze, strade, vicoli e sentieri, coperto corsi d’acqua, scavato grosse buche sotterranee sotto piazze, palazzi, parchi e altro. Su tutto il territorio c’è il pericolo d’essere disturbati o investiti da automobili che, in attesa di trovare posteggio, formano colonne.
Ci vorrebbe uno studio serio sui costi di un posteggio considerando che ce ne sono almeno tre per ogni veicolo: uno a casa, uno all’ufficio e diverse frazioni di posteggio al supermercato, al centro commerciale, al centro sportivo, al centro culturale, ecc.
Un posteggio occupa almeno 13 metri quadri, che è una superficie maggiore del minimo richiesto per una camera d’appartamento con 2 letti (12 mq secondo le generose norme per appartamenti sussidiati) e non sono considerate le superfici di accesso e di manovra. Tutti devono avere la possibilità di scaricare persone e materiali davanti a casa ma i posteggi dovrebbero essere pubblici e raggruppati, a debita distanza dall’abitazione o dal luogo di lavoro.
In genere le strade sono troppo larghe e, utilizzando gli arretramenti, sarebbe facile trasformarle in viali alberati con posteggi a 90 o 60 gradi con marciapiedi larghi.
Trasporti pubblici
La messa in esercizio della galleria ferroviaria del Monte Ceneri comporterà un incremento importante e un cambio epocale del trasporo pubblico in Ticino.
Bellinzona dovrà investire per poter approfittare al meglio di questa infrastruttura.
Oltre alla Stazione Tilo in Piazza Indipendenza si dovrà pretendere Stazioni Tilo anche alla Saleggina, a San Paolo e forse anche ad Arbedo e si dovranno riqualificare i diversi comparti.
* vedi articolo “Città, il potenziale delle nuove fermate Tilo“
Conclusione alle premesse
Il tipo di urbanizzazione che accettiamo acriticamente da almeno 60 anni è la vera causa del dissesto o disastro economico e finanziario dei nostri Comuni, Cantoni e della Confederazione!
Altro che i costi della sanità, della socialità e del lavoro messi insieme!
Ci lamentiamo dei costi della sanità ma questa risuscita anche i morti.
Bellinzona

Bellinzona era tra la rocca di Castel Grande e il Monte Bello; tutto intorno palude che è stata bonificata dai Carassesi e dai militari.
I terreni “pregiati” a ovest del nucleo medievale e della rocca erano tutti dei militari; c’era anche l’aeroporto.
Poi, pezzo per pezzo, quei terreni sono stati ceduti e anche regalati al “borgo” per:
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- il Quartiere Vincenzo Vela,
- lo Stadio,
- l’ex-Ginnasio, oggi Scuola Media 1,
- la strada di circonvallazione via Mirasole,
- la via Giuseppe Lepori e il nuovo ponte (deturpante) per Carasso,
- il Bagno Pubblico, il centro Tennis, la piscina coperta e la pista di ghiaccio coperta,
- il parco militare,
- l’Espocentro,
- la nuova caserma è diventata Istituto Cantonale di Economia e Commercio, ICEC.
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Con l’arrivo della ferrovia i bellinzonesi avevano scoperto la modernità e, come a Lugano e a Locarno, avevano incominciato a costruire per trasformare il borgo in città.
In pochi anni hanno costruito il viale Stazione, il quartiere San Giovanni, il viale Officine che delimita le Officine FFS, il viale Giuseppe Motta, il viale Henri Guisan, il viale Portone, il quartiere di via Vincenzo Vela, il viale Stefano Franscini. Nei punti significativi palazzi scolastici e amministrativi. Aspiravano a una città “organica”, attorno al borgo medievale, attorno alla Rocca del Castelgrande.
Questo slancio ha resistito solo fino alla prima guerra mondiale.
Dopo la seconda guerra mondiale il disastro: con l’abbandono della campagna ha iniziato, e continua, il proliferare della periferia squallida e cancerogena; casette e palazzi, uno accanto all’altro, senza ordine, né struttura, né ordine, né unitarietà; alle infrastrutture ci pensava la comunità, dopo, a proprie spese.
Ciononostante ci sarebbero ancora grandi potenziali.
Il Grande Parco attrezzato
Una grande area, centrale, delimitata da via C. Salvioni e via S. Franscini a sud, dal viale Portone a sud-est, dal viale Henri Guisan a est, dal viale G. Motta a nord e dalla golena del Fiume Ticino a ovest.
Un’area caratterizzata da significativi edifici ed impianti pubblici: le scuole Nord, Banca Stato, il giardino d’infanzia …, la Palestra Federale, il campo di calcio sintetico, lo stadio, la Scuola Media 1 (ex-ginnasio, che definisce il quartiere di via V. Vela a Nord-ovest), il Bagno Pubblico, il Centro Tennis, la Piscina coperta con annessa pista di ghiaccio coperta, l’area militare (presto dismessa), il Liceo Cantonale con annessa palestra, il Centro Gioventù e sport, la palazzina del basket, l’EspoCentro, l’Istituto Cantonale di Economia e Commercio (ex-nuova Caserma), il Centro Sistemi Informativi, la nuova sede dell’IRB.
Sarebbe indispensabile un disegno, architettonico paesaggistico, capace di amalgamare il tutto, di renderlo unitario e organico.
Il Bagno Pubblico, architetti Galfetti, Rüchat, Trümpy

Un’opera di eccelsa qualità architettonica e urbanistica e di fondamentale importanza nel disegno della città. Un’opera che insiste in modo straordinario sulla via V. Vela, su Piazza del Sole e sul nucleo storico collegando la città al fiume. Per il momento quest’opera ha impedito che quest’area centrale si trasformasse in banale periferia cancerogena come ce la troviamo a sud del Dragonato e a Nord del viale G. Motta.
Il Centro Tennistico

Ha il pregio di organizzarsi ortogonalmente rispetto alla passerella del Bagno Pubblico e alla pista di patinaggio a cielo aperto.
Il muro, che guarda a nord e contiene i servizi e gli spogliatoi (molto interessante, un po’ manieristico), è caratterizzato da forti lesene orizzontali che producono importanti giochi di luce sulla facciata rivolta a nord.
La Piscina coperta e la Pista di Ghiaccio coperta
Anche questo edificio si organizza ortogonalmente rispetto alla passerella del Bagno Pubblico, alla pista di patinaggio a cielo aperto e al Centro Tennistico.
Progettato in fretta e furia per sostituire il progetto precedente, molto più interessante, ritenuto troppo costoso (si conoscono i motivi veri), presenta qualche problema funzionale.
L’edificio che ospita l’Istituto Cantonale di Microbiologia e il Laboratorio Cantonale,
(il Dipartimento di Medicina di Laboratorio EOLAB, il Dipartimento della sanità e della socialità, Divisione della salute pubblica, Laboratorio cantonale, il Dipartimento delle finanze e dell’economia, Divisione dell’economia, Sezione dell’agricoltura, Ufficio della consulenza agricola, il Dipartimento del Territorio, Divisione dell’ambiente, Sezione della protezione dell’area, dell’acqua e del suolo, Ufficio del monitoraggio ambientale), è un disastro urbanistico.
E’ incredibile che questo edificio sia allineato sulla via Mirasole, che è una strada di circonvallazione, invece di essere ortogonale alla passerella del Bagno Pubblico come tutti gli altri oggetti, già descritti, all’interno di questo importante spazio verde.
Da deprecare anche il fatto che non vi sia una relazione con la via Vincenzo Vela che è una strada importante nel disegno della città.
Assurdo anche il grande posteggio ad ovest dell’edificio che andrebbe eliminato e l’area riservata al Bagno Pubblico.
Il Nuovo Liceo
E’ stato indetto il concorso per la ristrutturazione dell’edificio del Liceo con l’aggiunta di alcuni spazi speciali.
(non mi esprimo sul progetto che ha vinto e quelli che erano in concoso, hanno anche delle qualità architettoniche, ma:)
E’ un assurdo!
Primo perché ristrutturare quel prefabbricato, precario da sempre, costa molto di più che costruirne uno nuovo confacente alle più attuali esigenze.
Secondo perché quell’edificio si trova nel posto sbagliato, occupa un’area che dovrebbe essere verde dentro quel Grande Parco Attrezzato che collega la Rocca di San Michele, il Nucleo Medievale e i quartieri ottocenteschi al fiume Ticino.
Sarebbe intelligente uno scambio di terreni tra la città di Bellinzona ed il Cantone e costruire il nuovo edificio lungo la via Bramantino, sul lato opposto agli edifici dell’Espo-Centro e del Palasport.
Un edificio che si affacerebbe sul grande verde davanti al Bagno Pubblico concorrendo a definirlo.
Ticino, iperbole delle eccellenze
(articolo pubblicato, con piccole modifiche, sul CdT, 03.11.2018)
Anche nel campo dell’architettura e dell’urbanistica. Peccato che non ci sono più architetti; solo “designer”. Dovendo rispettare le attuali normative edilizie, soprattutto di Piani Regolatori nati vecchi, presunte divine, assurde e inutili, che non hanno alcuna relazione con modelli architettonici e urbanistici, non puoi fare altro; nient’altro che oggetti.
Non ci si chiede neanche più l’origine di queste direttive. Per esempio le distanze degli edifici dai confini pubblici? Con l’avvento dell’automobile sono stati distrutti interi quartieri per allargare vicoli e viottoli. Decisero che i nuovi edifici andavano costruiti a distanze che permettessero strade per auto. Da allora queste norme stanno proliferando per inerzia, indipendentemente dalle strade già larghe. I pianificatori si ingegnano con sempre nuove regole, in funzione delle altezze e della lunghezza delle facciate e quant’altro, che impediscono la definizione dello spazio pubblico (strade e piazze).
Con l’introduzione di distanze minime tra una casa e l’altra, per paura del fuoco, hanno iniziato ad inserire finestre sui muri che un tempo erano ciechi, con la conseguenza di dover aumentare le distanze per salvaguardare l’intimità; e via per inerzia.
Oggi le distanze minime dai confini e tra edifici si concepiscono anche per avere l’illusione della villa nel “parco” (che, oggi, non è neanche più un giardino ma strisce di 4 metri).
Gli “architetti” apprezzano queste prescrizioni perché permettono loro di considerare l’architettura come “oggettistica”, consentono di esercitare su almeno 4 facciate, la brama di formalismo consumistico fine a se stesso.
Queste abitudini ci hanno talmente contaminato che non riusciamo più a vedere oltre l’oggetto e non ci accorgiamo che il risultato è “l’effetto discarica”, un proliferare di costruzioni disseminate senza ordine ne struttura ne criterio che invade e annienta tutto ciò che non è montagna, bosco, fiume; annienta anche i “Nuclei Storici”. Lo spazio (architettonico) non interessa più.
Il concorso per la ristrutturazione del liceo di Bellinzona si inquadra in questa perversione. Costerebbe molto meno costruire un edificio nuovo al posto giusto invece di restaurare e ampliare questo obbrobrio “obsoleto, buoio e triste, desolante” che non risponde ai parametri energetici e neanche agli attuali principi pedagogici, perché costruito (male) 40 anni fa e nel posto sbagliato.
Avremmo la possibilità di un grande parco attrezzato che si estende dalla golena del fiume Ticino con vista fino alla Rocca di Castel Grande (con edifici pubblici di rara qualità architettonica) ed invece di ridefinirlo e riqualificarlo ce lo mangiamo a pezzettini.
Basterebbe una permuta di terreno tra il Cantone e la Città per costruire il nuovo liceo lungo la via del Bramantino ed affacciarsi sul grande verde verso il bagno Pubblico e definirlo; ma figuratevi! Ci vorrebbe un (di) visionario ma poi, come mettere in relazione i Dipartimenti Cantonali delle Finanze (Logistica), del Territorio, dell’Educazione e la città di Bellinzona?
Re Ma (3’047) battute, spazi compresi)
Eliminare la via Francesco Chiesa
La via Francesco Chiesa, come pure la via del Bramantino sono del tutto inutili, andrebbero trasformate in sentieri pedonabili e ciclabili, dentro il Grande Parco attrezzato. Basta e avanza la via Murate.
Per i posteggi a ovest dell’ex-Nuova Caserma (Istituto Cantonale di Economia e Commercio), se ancora necessari, si può accedere dal posteggio da prevedere tra via Tatti ed il Dragonato.
Eliminare la rotonda sull’intersezione tra via Mirasole e via Francesco Chiesa
La sopressione della via Francesco Chiesa permette di eliminare la rotonda, particolarmente invasiva.
Un edificio Pubblico sul ponte che era di via Giuseppe Lepori
Eliminando la via G. Lepori si potrà ripristinare la pianura e riorganizzare i posteggi utili alle attività sportive e di svago e al centro di Bellinzona.
Il ponte, dismesso, potrà essere utilizzato, oltre che come terza passerella pedonale e ciclabile, per costruirci un edificio con contenuti pubblici: per esempio spazi per attività culturali e di svago (gallerie d’arte, sale di concerto, palestre, locali vari, il centro per la gioventù).
Il viale Henri Guisan
(articolo preparato per la Rivista di Bellinzona; censuato)
“Fuori di città verso il norte, e lungo la via Maestra, s’innalza in libero spazio, bella e grandiosa caserma.”
La via Maestra è diventata un ampio viale (oggi H. Guisan) che collegava la stazione della ferrovia mesolcinese, con la piazza del Sole e il Centro Medievale.
I terreni ad ovest erano dei militari ma sullo stesso lato, sull’angolo con piazza Mesolcina, nel 1906 è stato edificato il palazzo delle Scuole Nord a cui, nel 1959 è stato aggiunto il pregevole ampliamento ad opera dell’architetto Augusto Jäggli.
La Caserma si affacciava sull’ampio viale alberato comprendente la strada a 2 corsie e un ampio spazio pedonale con geometriche aiuole.
Nel 1984, sulle macerie della vecchia Caserma, è stata inaugurata la nuova sede della Banca Stato, opera degli architetti Huber e Pellegrini.
Di questa costruzione non mi piacciono i colori. Non mi piace il marrone delle parti metalliche e neanche l’ocra del Cemento Armato bocciardato.
Eppure questa costruzione ha motivi di grande interesse. C’è il volume con l’ampio porticato a doppia altezza che riprende le altezze e l’allineamento dell’aggiunta alle Scuole Nord e poggia su una grande piastra (piazza) che si affaccia sul viale, sotto la quale sono organizzati i “caveaux”.
Nel volume porticato, potente, si trovano i contenuti pubblici: il grande atrio con gli sportelli, i locali nei quali avvengono gli incontri e i colloqui con la clientela, il ristorante e una sala multi-uso.
Il porticato conferisce e sottolinea il carattere pubblico dell’edificio.
Sopra un volume che si sviluppa libero, vorrebbe dialogare con le nuvole, nel quale sono organizzati gli uffici.
Questo edificio ha la forza per dettare la regola di questo viale incompiuto, dimenticato, anche offeso.
Il lato ovest del viale dovrebbe essere completato con edifici che riprendano l’altezza e l’allineamento del volume porticato della Banca Stato e dell’aggiunta delle Scuole Nord. Sopra queste costruzioni, che fungerebbero da zoccolo, volumi liberi che tentino a loro volta il dialogo con le nuvole. Anche sopra l’aggiunta delle Scuole Nord ci si potrebbe immaginare un volume che si muove libero.
Ci vorrebbero costruzioni simili tra le Scuole Nord e Banca Stato, tra Banca Stato e l’albergo Unione, e una costruzione, grande, in sostituzione dell’albergo Unione e annessi che, mi pare, abbiano fatto il loro tempo.
Però, il primo passo da compiere sarebbe di ripristinare il passaggio pedonale, in asfalto, tra la strada e la Banca Stato, per dare continuità alla passeggiata tra le Scuole Nord e l’albergo Unione e rimettere in valore la piastra su cui poggia l’intero complesso.
E’ incomprensibile che quel tratto sia stato interrotto e sostituito con un prato verde. Avranno dovuto rispettare indici che imponevano precise percentuali tra superfici edificate, pavimentate e verdi.
E’ peccato che i bellinzonesi non si rendano conto che basterebbe poco per mettere in valore questo viale che riveste un ruolo importante nel disegno di Bellinzona.
ReMa
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Per motivi ricorrenti nella politica ticinese, l’allora giovanissimo architetto, è stato gentilmente invitato a collaborare con l’architetto Alex Huber.
Le Scuole Nord
(Articolo pubblicato su La Regione)
La città di Bellinzona non ha una visione ed un concetto di sviluppo per quanto riguarda i suoi edifici scolastici. Abbiamo appreso, evidentemente poco prima di Natale, che si vogliono/devono investire 15 milioni per risanare le Scuole Nord. Solo nella “vecchia” Bellinzona, ci sono anche le Scuole Sud, quelle alle Semine e di Daro, di Molinazzo, di Carasso e anche scuole per l’infanzia.
Siccome non fa rima con mancata manutenzione, si pone grande enfasi sul risanamento energetico secondo gli Standard “Minergie” e addirittura “Plus”, dimenticando che “Minergie” è un marchio privato retto da grossi produttori e multinazionali che gestiscono, producono, forniscono materiali, tecniche e tecnologie nel campo del “risparmio” energetico. Soprattutto si dimentica che anche il denaro è energia per cui, a volte, è molto più economico e intelligente consumare un po’ più di energia termica (non fossile) piuttosto che isolare a dismisura ed implementare sofisticate quanto fragili tecnologie. Questo vale in particolare per gli edifici di pregio storico e architettonico, costruiti prima degli anni 1980/90, com’è il caso delle Scuole Nord.
Bellinzona negli ultimi anni è cresciuta e sta crescendo (sperando che non scoppi la bolla immobiliare) e dunque si devono prevedere anche nuovi spazi scolastici. Forse sarebbe il caso per una riflessione più generale.
La Scuola Nord è stata costruita nel 1906 sulla via Maestra, che sarebbe diventata l’ampio viale Guisan che collegava la stazione della ferrovia mesolcinese, in Piazza Mesolcina, con la piazza del Sole e il Centro Medievale. Tempi d’oro per Bellinzona che, con l’arrivo della ferrovia del Gottardo (1874-82), aveva scoperto la modernità dell’800 e si era data da fare per trasformare il borgo, fermo all’alto medioevo, in una moderna città (processo che ha resistito solo fino allo scoppio della prima Guerra Mondiale).
Nel 1959, con un pregevole intervento dell’architetto Augusto Jäggli, la Scuola è stata ampliata con 18 aule, un ampio spazio porticato e una palestra;.
Oggi, nel comparto Scuole Nord, ci sono diverse aree da tempo abbandonate e obsolete: l’area dell’ex-tennis club La Colombera, quella antistante la Palestra Federale, quella tra l’ampliamento dell’arch. Jäggli e la Banca Stato e altre; potrebbero essere valorizzate con nuovi edifici. Si potrebbero costruire nuove e moderne aule sul retro del palazzo 800esco o a lato della Banca Stato, una nuova palestra per sostituire quella piccolissima di Jäggli che potrebbe diventare una ottima Aula Magna. Eliminando l’Aula Magna esistente (deturpante) si potrebbe organizzare un grande spazio coperto per la ricreazione. C’è da chiedersi se gli spazi del palazzo 800esco siano ancora adatti per moderne aule, piuttosto che, per esempio, per locali dedicati all’amministrazione scolastica della nuova Bellinzona.
Prima di risanare, invece di acquistare container provvisori per sistemare gli studenti (Fr. 2’000’000.-), è sicuramente più economico costruire nuove e moderne aule.
Renato Magginetti,
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Proposte per la ristrutturazione del “Comparto Scuole Nord
Il Quartiere di via Vincenzo Vela e il viale Portone
Via Vincenzo Vela, che collegava Piazza del Sole e il Giardino Simmen con il grande verde, è il generatore dell’omonimo quartiere ottocentesco composto da un reticolo di strade ortogonali.
Il quartiere è definito a nord-ovest dal complesso della Scuola Media 1, ex Ginnasio Cantonale, architetti Camenzind e Brocchi, 1958, un capolavoro dell’architettura moderna; a sud-ovest da via Vincenzo D’Alberti che fa perno sull’Arsenale militare; a sud-est dal viale Portone, che corre ai piedi della Rocca di San Michele, in diagonale rispetto all’ortogonalità del quartiere.
Il quartiere è caratterizzato da ville ed edifici, per lo più a pianta quadrata su basamento, dentro giardini privati circoscritti da muri in pietra di cm 80 di altezza con sovrastante ringhiera, cm 150.
Interessante l’edificio della SSIC, architetto Augusto Jäggli, 1966, che doveva essere l’unico, del quartiere allineato sul viale Portone, che, per distinguersi, è composto da un volume che si stacca dal terreno.
Terribile quanto successo (concesso) sul terreno ex Villa Tenchio
….
Non rispettoso del carattere del quartiere il progetto proposto sul terreno lungo il viale Portone, tra via D’Alberti e via Campo Marzio.
Si auspica che sul terreno di proprietà comunale (tratteggiato), che attualmente ospita i Magazzini Comunali, ai tempi sede della prima Scuola Arti e Mestieri, vengano progettati e costruiti edifici che rispettino il carattere del quartiere.
Saranno da decidere contenuti appropriati e si dovrà procedere con un concorso d’architettura.
Via Al Parco, come riqualificarla, o darle un senso?
Era sicuramente un sentiero precedente al quartiere di via V. Vela e probabilmente si chiama via Al Parco proprio perché conduceva al parco. Osservando il piano di catasto ci si accorge che confluiva nel percorso esistente dentro il Parco Militare, e forse, prima di essere interrotto dalla costruzione del Bagno Pubblico, confluiva sulla via Brunari, sulla via delle Gaggiole e sulla via Pizzo di Claro.
La via Al Parco, tra via P. da Marliano a via L. Lavizzari, è caratterizzata da inqualificabili rampe d’accesso ad autorimesse interrate.
Via Murate
La strada, che corre parallela alla Murata, è interessante perché, in simbiosi con il viale Portone e il viale Henri Guisan, si inserisce magnificamente nel disegno della città e propone una forte tensione tra Piazza Mesolcina e l’Istituto Cantonale di Economia e Commercio (ex-nuova Caserma).
Indipendentemente dalla qualità espressiva e architettonica, sono corretti gli edifici che si pongono perpendicolarmente rispetto alla via Murate consentendo la vista sulla Murata. Discutibile, in questa ottica, l’edificio costruito sull’angolo tra via Murate e il viale Portone, lato Murata.
Il lato nord di via Murate è caratterizzato da edifici obsoleti e fatiscienti, che comunque non sono in grado di definire lo spazio della strada.
Andrebbero proposti contenuti forti ……………………………….
Da ridefinire il finale del viale oltre via Giuseppe Cattori.
Perché non rinaturalizzare il corso d’acqua incanalato sotto la strada che, in diagonale, collega via Murate con via S. Franscini?
Il viale Stefano Franscini
Il viale si innesta sull’antica strada che, con il Ponte della Torretta, collegava il nucleo Medievale di Bellinzona con Locarno.
Il Ponte, voluto da Ludovico il Moro, fu costruito nel 1487, venne travolto dalla Buzza di Biasca, nel 1515, e ricostruito 1815 dalla neocostituita Repubblica e Cantone Ticino nell’ambito della costruzione della Strada Cantonale. E’ stato demolito di nuovo nel 1969 per poter costruire l’autostrada.
Questo fatto trasforma il viale in strada a fondo cieco e permette di rivalutarlo come viale urbano a traffico lento, pedonabile e ciclabile; si tollererebbe il servizio a domicilio.
Il viale è caratterizzato da edifici significativi, diversi di grande pregio architettonico:
sul lato nord, in primis l’edificio amministrativo dello Stato, architetti Guidini e Bernasconi, 1948-1947 e l’edificio della Banca Raiffeisen (ex .?.), la sede del Dipartim. delle Istituzioni, Sezione enti locali, ex Archivio Cantonale e l’Archivio e Bibblioteca Cantonale.
Sul lato sud la villa “Helsana”, la chiesa Evangelica, il Pretorio, il Tribunale Penale Federale, il complesso della Scuola Arti e Mestieri, l’edificio amministrativo ex Centro Swisscom.
Poi ci sono edifici minori che comunque sono inseriti correttamente lungo il viale (al N. 11, 13, 15, 35, 43, 49); fanno eccezioni l’edificio al N. 4 e l’edificio Calla.
Infine ci sono costruzioni obsolete o fatiscenti ed altri fuori luogo (come il centro Autopostali) o fuori tempo (come il complesso della Saica) che andrebbero sostituiti con edifici in grado di qualificare il viale.
Naturalmente ci sono alcuni edifici, discutibili, ma troppo recenti per essere ristrutturati o demoliti.
Tra il viale Stefano Franscini e via Tatti, il Dragonato
Tutta l’area andrebbe ridisegnata.
A parte gli edifici citati, che si affacciano sul viale S. Franscini, sono pochi gli edifici da salvaguardare perché significativi (la villa dell’ex Sindaco, il Palazzo Helsana e le ville ottocentesche in via Nizzola, o perché corretti (via Nizzola 3 e 5, via Ghiringhelli 9, via Bernardino Luini 3, Via Chiccherio 7) o perché caratteristici del tempo che fu (via Chiccherio 5).
Anche qui alcuni edifici, discutibili, ma troppo recenti per essere ristrutturati o demoliti.
Via Tatti
Consultazione sulla Variante di Piano Regolatore, Piano delle zone e piano del traffico, Comparto – via Pierino Tatti. Osservazioni Bellinzona, 21 marzo 2012
La presente bozza della Variante Piano Regolatore, Piano delle zone e piano del traffico, Comparto – via Pierino Tatti, è indipendente dalla costruzione dell’eventuale nuovo svincolo autostradale su via Tatti, ma ne deve comunque tener conto. Infatti c’è la relativa convenzione con il Cantone che è “il risultato di incontri, approfondimenti, studi e trattative tra i vari attori, sia tecnici che politici, coinvolti nella progettazione del semi-svincolo”.
La prima domanda che ci si deve porre è se sia corretto costruire a sud del Dragonato e ad ovest di via Zorzi.
Noi crediamo di no perché il Dragonato rappresenta un limite geografico preciso e gli edifici della Scuola Arti e Mestieri ed il palazzo ex Swisscom, che insistono sul viale S. Franscini, sottolineano bene questo limite. Inoltre via Tatti rappresenta una cesura che, con il suo volume (il terrapieno, soprattutto tra il ponte e via Bernardino Luini), mette in “ombra” i terreni tra la stessa strada ed il Dragonato, ed è già oggi fonte di forte inquinamento, atmosferico e fonico.
Questi terreni, tra il Dragonato e la via Tatti si prestano in modo ideale per organizzare i posteggi di assestamento. Posteggi “fuori mura” ma a ridosso di quartieri urbani importanti e che sottolineano la vocazione di entrata alla città di via Tatti.
I posteggi andrebbero costruiti in modo da mantenere il vuoto con la vista sulla città ed i suoi castelli per chi entra da via Tatti che già oggi, indipendentemente dalla costruzione dell’eventuale nuovo svincolo autostradale, rappresenta una porta importante. Per ombreggiare si potrebbe immaginare una copertura leggera, scultoria, che permetta la posa di impianti fotovoltaici e la raccolta dell’acqua piovana.
Da ricordare che, di norma, anche i posteggi di assestamento o di lunga durata, come minimo si autofinanziano. Eventuali costruzioni solo per favorirne l’aspetto sociale; edicole e piccoli ristori, punti di informazione.
Nel caso che si ammetta una costruzione a sud del Dragonato questa andrebbe considerata come una estensione dei quartieri urbani che, da nord, scavalcano il Dragonato in direzione di via Tatti.
Queste costruzioni (o quartieri), soprattutto ad ovest di via B. Luini, non possono relazionarsi con la via Tatti che corre in pendenza e di molto sopraelevata rispetto al terreno naturale. Il limite sud di questi eventuali quartieri, da definire, non deve essere parallelo alla via Tatti.
La via Zorzi, la via Bernardino Luini, la via dei Gaggini, il Palazzo ex-Swisscom, la Scuola Arti e Mestieri, ma anche il nuovo Palazzo Governativo in costruzione in via Zorzi sull’intersezione con via Tatti sono tra loro ortogonali e dunque anche le eventuali nuove costruzioni (o quartieri) a sud del Dragonato, ed anche i posteggi di assestamento, andrebbero concepiti in questa logica ortogonale.
Definire il limite di questi quartieri parallelo alla via Tatti, sottintende che i quartieri appartengono alla stessa via; un assurdo, anche perché, per la sua posizione rispetto alla città e a causa della sua natura, in pendenza e distaccata (sopraelevata) dal terreno naturale, indipendentemente dal carico del traffico e relative fonti d’inquinamento, non può diventare un viale urbano.
Il Cantone dice: “Ricordiamo che lo scopo principale della pianificazione comunale resta quello di conferire un assetto pianificatorio al comparto che sappia dare risposte qualitative e quantitative commisurate al dimensionamento della rete viaria, dei trasporti pubblici (nuove fermate, accessi ecc.) della mobilità lenta e del posteggio di attestamento con i relativi accessi.”
Dalla bozza della Variante Piano Regolatore, Piano delle zone e piano del traffico, Comparto – via Pierino Tatti, Situazione di variante 1:2’000, tranne un cerchiolino colorato con inserita una P, che (vagamente) indica posteggio di assestamento (vedi leggenda), non risulta alcuna informazione in merito alle misure qualitative e quantitative relative al dimensionamento della rete viaria, dei trasporti pubblici (nuove fermate, accessi ecc.) della mobilità lenta e del posteggio di attestamento con i relativi accessi.
Indipendentemente dalla costruzione dell’eventuale nuovo svincolo autostradale su via Tatti, la porta diBellinzona è rappresentata dall’intersezione di via Tatti con via Zorzi, sottolineato ora anche dal nuovo palazzo governativo in costruzione.
Traffico veicolare: Sull’incrocio si dovrebbe realizzare una rotonda stradale per risolvere l’incrocio ma soprattutto perché sarebbe la soluzione più semplice e logica per l’accesso al posteggio di assestamento a nord di via Tatti e ad ovest di via Zorzi. Tutta l’area tra via Tatti ed il Dragonato e tra il fiume Ticino e la via Zorzi dovrebbe essere riservata a posteggio (da costruire a tappe secondo necessità) servito dalla rotonda sull’intersezione tra la via Tatti e la via Zorzi. Anche i quartieri tra via S. Franscini ed il Dragonato dovrebbero essere serviti da questi posteggi con accesso dalla rotonda citata e non attraverso la via S. Franscini. Traffico lento: Le vie Bernardino Luino e Francesco Borromini sono 2 strade che già oggi risolvono in modo ottimale il traffico lento (pedoni e biciclette) tra il centro medievale ed ottocentesco di Bellinzona. ed il quartiere popoloso quanto bistrattato delle Semine, con le sue scuole ed il piccolo centro commerciale con negozi, ristorante e pompe di benzina. Dobbiamo valorizzare queste caratteristiche e questo potenziale invece di distruggere la via Bernardino Luini con il traffico di servizio ed il traffico pubblico che si scaricherebbero sulla via S. Franscini e con l’accesso ai previsti Piani di quartiere Q1, Q2 e Q3 e al posteggio di assestamento, come risulta dalla presente variante di PR. Anche la va dei Gaggini e la via Chiccherio dovrebbero diventare strade di traffico lento (pedoni e ciclisti) che collegano i quartieri a nord del Dragonato con i quartieri popolosi delle Semine, a sud della via Tatti.
Traffico pubblico: La via Tatti può essere allargata per permettere 4 corsie, 2 centrali per i veicoli (andata e ritorno) 2 laterali per il traffico pubblico. Evidentemente sarebbe ideale e logico organizzare ampie fermate per i veicoli di trasporto pubblico sulla via Tatti all’altezza della via Bernardino Luini rispettivamente all’altezza della via F. Borromini, strade di traffico lento che collegano in modo ideale il centro di Bellinzona con i quartieri delle Semine.
Svincolo autostradale su via Tatti. Noi consideriamo si possa accettare lo svincolo autostradale su via Tatti a 3 precise condizioni: .1 svincolo completo .2 posteggi di assestamento degni di questo nome e progettati nel rispetto del contesto .3 traffico ridotto a 20 km/h su tutto il territorio di Bellinzona. In pratica una città pedonale con traffico lento nella quale si concede a tutti di raggiungere con l’automobile la propria abitazione ma con particolare attenzione ai pedoni ed ai ciclisti. Per ottenere il rispetto dei 20 Km/h si dovranno modificare gli assetti stradali
Dalla “Breve relazione esplicativa della “Variante PR Piano delle zone e piano del traffico” “Comparto via Tatti” si evince che nel comparto in oggetto, a nord di via Tatti “E’ attribuito un indice di sfruttamento corrispondente all’1.5, in considerazione dello sfruttamento permesso attualmente lungo gli assi principali.
Per piacere quali sono gli assi principali? Noi siamo d’accordo di considerare assi principali la via San Gottardo e la via Lugano che sono le vie che uscivano dal “Centro Storico”, La via Zorzi è una circonvallazione lungo la quale è concessa l’edificazione ma le tipologie edilizie sono già molto diverse. La via Tatti è tutt’altra cosa e non potrà essere nient’altro che una strada di traffico veicolare. Non potrà mai essere strada con carattere cittadino o di quartiere per il semplice fatto che dal ponte fino a via B. Luini, oltre che in pendenza, è nettamente sopraelevata rispetto al terreno naturale. La richiesta di muri fonici ai lati della strada Tatti conferma che non potrà essere considerata di carattere urbano o cittadino.
Dalla stessa “Breve relazione” si evince anche che “Le aree non costruibili, oltre le linee d’arretramento verso la via Tatti e tra i PQ2 e PQ3 devono essere fruibili al pubblico tramite percorsi pedonali e/o ciclabili e arredate di conseguenza”. La nostra sensazione è che i rispettivi tecnici e politici non abbiano ma visto il luogo e la natura della via Tatti oppure il loro rispetto verso pedoni e ciclisti è pari a 0.
Sarebbe più logico e comprensibile favorire la fruibilità pubblica tramite percorsi pedonali e/o ciclabili lungo il riale Dragonato che, con la presente variante di PR, solo a parole si promette di valorizzare.
PQ1 Siamo contrari a che l’area compresa tra via Zorzi e via B. Luini e tra via Tatti ed il Dragonato, di proprietà del Cantone, attualmente inserito in “Zona Edifici Pubblici” venga trasformato in “Zona Intensiva speciale – sottozona A4, PQ1. Addirittura viene ventilata l’ipotesi che i terreni possano essere venduti a privati in cambio della costruzione dei posteggi di assestamento. (???) Noi riteniamo che la costruzione di posteggi di assestamento, con l’eventuale costruzione di un grande impianto fotovoltaico a copertura dei posteggi, corrisponda perfettamente con la definizione di “Zona Edifici Pubblici”.
PQ2-PQ3 Una linea di parcellizzazione non è un motivo sufficiente per definire la divisione tra il PQ2 ed il PQ3. Più interessante invece sarebbe la continuazione della via dei Gaggini quale traffico lento, pedoni e biciclette, per collegare, con un passaggio sotto via Tatti, i quartieri delle Semine.
Un discorso a parte e particolare andrebbe fatto per la proprietà K… su cui insiste il PQ2. Parte del fondo è occupato da un piccolo parco, una vecchia casa tipica con un alto muro di cinta sul limite della suggestiva via B. Luini ed una villa più recente, all’interno, nella parte nord a ridosso del Dragonato. Un angolo che merita di essere rivalutato, con adeguati contenuti pubblici, perché in grado di caratterizzare tutta l’area lungo il Dragonato.
Per quanto riguarda le aree PQ1, PQ2 e PQ3 esprimiamo le nostre perplessità per quanto riguarda le destinazioni ed i quantitativi ammessi: amministrazione, commercio, formazione, ricerca ed abitazione. Per quanto riguarda la ricerca è tragicomico il fatto che, quando si votava per l’IRB, abbiano fatto credere che non ci fossero alternative al Campo Militare.
Per quanto riguarda le destinazioni amministrative, ma soprattutto commerciali, non ci si rende conto che la zona è urbanisticamente inadeguata e comunque rappresenterebbero un colpo mortale per il Centro Storico, medievale ed ottocentesco, che è già in difficoltà per conto suo.
Zona residenziale semi-estensiva D Per quanto riguarda il comparto sud di via Tatti si prende atto della volontà di “proporre la completazione della zona residenziale semi-intensiva C …” che “comporta l’attribuzione completa del fondo no. 4758 RFD alla zona edificabile, la cui superficie corrisponde a mq 13’000”. “In considerazione della notevole superficie (la presente Variante di PR) ritiene necessario assegnare l’obbligo di piano di quartiere obbligatorio ai sensi dell’art. 14 …” Peccato che non c’è un minimo accenno alle destinazioni di questa zona. Molto precario anche l’allacciamento di questo quartiere alla rete viaria.
Tra molte perplessità ci chiediamo come sia possibile allestire un Messaggio Municipale se non sono ancora acquisite tutte le necessarie verifiche tecniche in particolare la verifica viaria!
Ancora una volta siamo costretti a discutere di presunte urgenze contingenti in assoluta assenza di una visione generale dei problemi urbanistici di Bellinzona.
Bellinzona è tutta una squallida periferia; fatta eccezione per il quartiere medievale ed i quartieri ottocenteschi (viale Stazione, Officine FFS, Quartiere San Giovanni, viale G. Motta, Quartiere via V. Vela, via Stefano Franscini) che hanno una logica, precisi riferimenti storici ed una forte dignità. Compito primario, invece di urbanizzare aree vergini, sarebbe di porre le basi per trasformare la periferia più prossima al centro in spazio urbano, cittadino nel rispetto dell’uso parsimonioso del territorio, delle risorse e delle energie.
Per questo sarà fondamentale eliminare tutte quelle normative obsolete, soprattutto relative agli indici e alle distanze da edifici e confini, pubblici e privati, che impediscono la definizione di spazio pubblico ed impediscono la contiguità tra edifici. La densificazione e l’urbanizzazione di queste periferie, prossime al Centro Storico, permetterebbero di “sfruttare” meglio le infrastrutture già esistenti e valorizzerebbero un gran numero di proprietà che per lo più appartengono a cittadini che da tanto tempo pagano le tasse di Bellinzona. Misure che permetterebbero, con il tempo, di abbassare i costi correnti, aumentare gli introiti e di conseguenza abbassare il moltiplicatore.
Invece di urbanizzare aree vergini.
Renato Magginetti e Loris Dellea, architetti,
Bellinzona, via Tatti e dintorni
(articolo preparato/pubblicato (?) su La Regione)
Con insolito coraggio, nel rispetto della legge federale sulla pianificazione del territorio, approvata dal popolo nel 2014, il Cantone ha respinto la variante di Piano Regolatore del comparto di via Tatti.
La legge impedisce l’aumento delle aree edificabili in assenza di uno specifico interesse pubblico e di un’equivalente riduzione di superfici di zone edificabili.
Il Dipartimento del Territorio ha interpretato alla lettera il mantra dei Municipali della regione che, durante tutta la campagna, ripetevano: “nessuna pianificazione prima dell’aggregazione”.
Va ricordato che Bellinzona ha da poco reso edificabile un terreno agricolo in via Greina e, nell’ambito del PAB 3, sta di nuovo lavorando all’urbanizzazione dei terreni di Pratocarasso, nonostante il referendum che ne aveva sancito la bocciatura. A Giubiasco, dove l’imprenditore minaccia di portare tutta la produzione in Slovacchia, il Comune, in collaborazione con le Ferriere Cattaneo e con un gruppo di accompagnamento cantonale nell’ambito del progetto di ricerca PNR 65 (l’Accademia di architettura di Mendrisio), ha già progettato la trasformazione dell’area industriale prevedendo hotel, appartamenti, uffici e sala congressi. Il progetto è stato pubblicato nell’Atlante Città Ticino, vol. 2, Comprensorio Fiume Ticino Sud (Mendrisio Academy Press).
Terreni edificabili ce ne sono troppi ma alle banche, alle assicurazioni e ad altri gestori di grossi capitali, delle casse pensioni in primis, interessa il maggior valore dei terreni che diventano fortemente edificabili.
E’ il caso dei terreni lungo via Tatti. Oltretutto hanno approvato la modifica in tutta fretta, prima che entrasse in vigore la norma della legge che impone percentuali di prelievo, a favore del Comune e del Cantone, sul plusvalore.
Da anni scrivo dell’urgenza di una revisione radicale dei PR, che sono obsoleti, nati vecchi e sbagliati, ma alle autorità fa comodo far credere che sarebbe un processo lungo e farraginoso e vanno avanti con modifiche puntuali di PR che, guarda caso, sono sempre in funzioni di poteri forti e senza una visione d’insieme.
Questa decisione cantonale potrebbe favorire i tanti piccoli e medi proprietari di immobili che da generazioni pagano le imposte a Bellinzona, i cui terreni, soprattutto tra via Franscini e il Dragonato e tra via Motta e via Vallone, hanno il potenziale per diventare veri quartieri cittadini perché sono davvero a ridosso del centro storico, vicino alla stazione FFS, con tutti i servizi a due passi.
Terreni già costruiti, con edifici disordinati dentro parcelle di origine agricola frazionate male, obsoleti, che andrebbero ricostruiti piuttosto che ristrutturati ma se non si adeguano le anacronistiche normative di PR non ci sono i presupposti economici. Questi proprietari devono già far fronte alla concorrenza dei capitali delle casse pensioni e delle casse malati che stanno sconquassando il mercato. Ricordiamoci che chi investe 50-100 milioni nel mattone NON fa lavorare architetti, imprese, piccoli artigiani della regione.
Che i cittadini tutti e anche le autorità si rendano conto della posta in gioco!
ReMa
Collegata con il nuovo svincolo autostradale via Tatti sarà la nuova entrata alla città.
(vedi nostre Osservazioni alla modifica puntuale del PR allora in consultazione)
3 Condizioni e sono favorevole allo Svincolo
(Articolo preparato per La Regione)
Per principio sarei contrario a nuovi investimenti in favore del traffico privato perché ne favorisce la crescita.
Sarei contrario al nuovo svincolo autostradale su via Tatti perché andrebbe messa in galleria l’autostrada tra Sementina e Galbisio che rappresenta il vero problema di Bellinzona. E’ una grave fonte di inquinamento fonico e atmosferico, deturpa il paesaggio attraversando in malo modo (di traverso) il fiume Ticino, operando una grave cesura del cono di deiezione di Sementina/Montecarasso, privando l’accesso al fiume a Sementina, Monte Carasso e Carassso e distruggendo la riva destra dello stesso fiume e consuma una grande superficie di terreno pregiato.
La galleria tra Sementina e Galbisio è un progetto che avevamo proposto già nel 1992 nell’ambito del “Seminario ArgeAlp” del Monte Verità sul tema del Piano di Magadino.
Un progetto che tutti hanno considerato e considerano non realistico dimenticando che nel frattempo è stata decisa e realizzata la circonvallazione di Roveredo GR con una galleria della medesima lunghezza (2 pesi e 2 misure).
Considerando che, oggi, più nessuno neanche immagina la possibilità di mettere in galleria l’autostrada (e non ci sono più i soldi), considerando che a suo tempo hanno rinunciato ai grandi posteggi di attestamento sugli svincoli autostradali sud e nord di Bellinzona, che avrebbe favorito anche un efficiente servizio di trasporti pubblici tra Camorino e Castione, ecco che lo svincolo autostradale su via Tatti offre opportunità molto vantaggiose per tutto il Bellinzonese.
Da ricordare che negli anni 80 si prevedeva uno svincolo autostradale completo, all’americana, particolarmente invasivo. Di conseguenza alla reazione popolare avevano deciso per il semisvincolo (uscita ed entrata solo da e verso sud). Nella successiva fase di studio è stato proposto uno svincolo innovativo a forma di ciambella di gran lunga meno invasivo.
Tre le condizioni che considero indispensabili per valorizzare quest’opera:
– lo svincolo dev’essere completo (con il nuovo progetto a ciambella è facile da realizzare)
– un migliaio di posteggi di attestamento, ombreggiati con alberi, tra il Dragonato e via Tatti, da via Zorzi fino al fiume Ticino. Sarà una bella vista sui castelli per chi entra da via Tatti
– Bellinzona deve diventare la prima città Svizzera a traffico lento; 30 km/ora sugli assi di penetrazione, 20 km/ora sul resto del territorio. Tutto pedonale, tutto ciclabile.
Ci si deve rendere conto che da via San Gottardo, da via Zorzi o da via Tatti nessuno percorre più di 900 metri per raggiungere la propria casa o il proprio posto di lavoro nella vecchia Bellinzona per cui si può pretendere di non superare i 20 km/h (meno di 3 minuti).
Questo terzo svincolo autostradale riduce notevolmente anche il traffico di Giubiasco con la possibilità di togliere la strada che attraversa la Piazza Grande.
Sarebbe facile convogliando il traffico da via Zorzi sul viale 1814 e su via al Ticino.
Possibile che nessuno si renda conto dell’enorme potenziale di questo luogo?
Renato Magginetti
Via Tatti e via Bernardino Luini (L’opposizione)
Renato Magginetti
Architetto FAS
Viale G. Motta 4a
CH-6500 Bellinzona
Spettabile
Dipartimento federale dell’ambiente,
dei trasporti, dell’energia e delle
comunicazioni (DATEC)
Kochergasse 10
3003 BERN
Copia a:
Dipartimento del territorio, Ufficio domande di costruzione, 6501 Bellinzona
Ufficio federale delle strade (USTRA), Via Claudio Pellandini 2a, 6500 Bellinzona,
Municipio del Comune di Bellinzona, Palazzo Civico, Piazza Nosetto 5, 6500 Bellinzona
Bellinzona, 10 luglio 2019.
Oggetto:
Procedura ordinaria di approvazione dei piani secondo la Legge federale sulle strade nazionali con esame dell’impatto sull’ambientale e con domanda di dissodamento.
SN02 – Semisvincolo Bellinzona. Comune di Bellinzona
Gentili Signore,
egregi Signori,
con la presente mi oppongo al progetto in oggetto che prevede l’allargamento a cinque (5) corsie della strada esistente di via Tatti, e la distruzione della via Bernardino Luino, trasformata in strada a tre (3) corsie per far passare pesanti automezzi di trasporto pubblico e per permettere l’accesso veicolare al posteggio esistente.
La via Bernardino Luini è una preziosa strada a traffico lento (pedonale e ciclabile) che, con la via Borromini e la via Maestri Comacini, collega magnificamente la Piazza Governo e il nucleo medievale di Bellinzona con il “Centro Civico” Alle Semine e al futuro Ospedale Cantonale Alla Gerretta; e tale deve rimanere.
Mi risulta ridicolo concepire due (2) corsie d’andata e due (2) di ritorno per collegare la città al nuovo svincolo autostradale (la via Tatti sono meno di settecento (700) metri di lunghezza.
La quinta corsia è concepita per permettere, sia a chi arriva dallo svincolo sia a chi arriva da via Zorzi, di accedere alla via Bernardino Luini.
Sarebbe molto più semplice, più ecologico e più economico risolvere il problema con una rotonda sull’intersezione tra via Tatti e via Zorzi, che, oltretutto, salvaguardia il carattere pedonale e ciclabile della via Bernardino Luini, come dimostro con la planimetria allegata.
A questo proposito aggiungo l’articolo che ho pubblicato, alla fine del mese di aprile 2019, sul quotidiano La Regione, dal titolo:
Però la via Bernardino Luini deve rimanere pedonale e ciclabile
A Bellinzona l’autostrada è l’elemento più dirompente. E’ una grave fonte di inquinamento fonico e atmosferico, deturpa il paesaggio, attraversa in malo modo (di traverso) il fiume Ticino, causa una grave cesura del cono di deiezione di Sementina/Montecarasso, priva l’accesso al fiume a Sementina, Monte Carasso e Carasso, distrugge la riva destra dello stesso fiume e consuma una grande superficie di terreno molto pregiato.
Nel 1992, nell’ambito del “Seminario ArgeAlp” al Monte Verità, sul tema del Piano di Magadino, avevamo proposto una galleria tra Sementina e Galbisio. Ci hanno considerato dei pazzi, dimenticando che avevano appena approvato la galleria di circonvallazione di Roveredo GR e la galleria Mappo- Morettina era in costruzione (1986-1996).
Oggi ci fanno credere che non ci sarebbero più neanche i mezzi finanziari per una tale opera per cui accettiamo il nuovo svincolo autostradale su via Tatti. (Prossimamente verranno pubblicati i piani, nel frattempo, ben visibili lungo via Tatti, sono stati “picchettati” i tracciati).
Sarebbero 3 le condizioni inderogabili:
-
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- lo svincolo dev’essere completo (con il nuovo progetto a ciambella è facile da realizzare)
- un migliaio di posteggi di attestamento, ombreggiati con alberi, tra il Dragonato e via Tatti,
da via Zorzi fino al fiume Ticino. Sarebbe una bella vista sui castelli per chi entra da via Tatti . - Bellinzona deve diventare la prima città Svizzera a traffico lento; 30 km/ora sugli assi di
penetrazione, 20 km/ora sul resto del territorio. Tutto pedonale, tutto ciclabile. (Da via Tatti, da
via Zorzi e da via San Gottardo, nessuno percorre più di 900 metri per raggiungere il proprio
domicilio o il proprio posto di lavoro nella vecchia Bellinzona; a 20 km/h sono meno di 3 minuti)
-
Però la via Bernardino Luini, come la via Borromini e la via Maestri Comacini, deve rimanere pedonale e ciclabile perché collegano molto bene la Piazza Governo e il nucleo medievale con il “Centro Civico” Alle Semine.
Centro Civico perché c’è la Scuola dell’Infanzia, la Scuola Elementare, il Centro Sportivo, la Posta, la pompa di benzina, una Coop, un McDonald, una farmacia, un veterinario, molto altro e la passerella che collega Monte Carasso.
Ringrazio per l’attenzione.
Renato Magginetti
Piccoli e medi proprietari
(Articolo pubblicato su La Regione)
I tanti piccoli e medi proprietari fondiari e immobiliari di Bellinzona, che da generazioni pagano qui le imposte e soprattutto quelli che hanno le loro proprietà in posizione strategica, dovrebbero svegliarsi, capire cosa sta succedendo e ribellarsi.
I terreni strategici sono quelli tra il viale S. Franscini e il Dragonato, a sud, e i terreni tra il viale G. Motta e via Varrone (dove c’è la chiesa del Sacro Cuore) a nord. In un secondo tempo l’area strategica a nord potrà estendersi fino a via Vallone, che fa perno sull’area FFS di San Paolo, e dove ci sono gli edifici opera dell’architetto Roberto Bianconi, di grande qualità architettonica nonostante siano stati concepiti nell’ambito dello sfruttamento senza scrupoli.
Sono strategici perché si trovano rispettivamente a sud e a nord del Grande Parco verde e attrezzato (con importanti edifici e impianti pubblici, scolastici, culturali, sportivi e di svago) che collega il borgo medievale e i quartieri 800eschi al fiume Ticino e che dovrebbe essere considerato il centro della Nuova Bellinzona.
Attualmente sono caratterizzati da costruzioni molto varie, di dubbia qualità architettonica, spesso obsolete, disseminate senza ordine né struttura né criterio.
Sono aree che andrebbero incentivate per trasformarle in quartieri ordinati con carattere cittadino.
Andrebbero eliminate tutte le normative assurde e inutili, presuntamente divine, che non hanno mai avuto alcuna relazione con modelli architettonici e urbanistici, in particolare le distanze da confini pubblici e privati che impediscono la contiguità tra edifici, la definizione di spazio pubblico e l’utilizzo razionale del terreno (strisce verdi di 4 metri attorno agli edifici non servono a nessuno).
Quartieri che si affaccerebbero su importanti viali che s’innestano magnificamente nel tessuto medievale e 800esco di Bellinzona, il viale G. Motta sulla stazione FFS, il viale S. Franscini a lato della futura stazione FFS di Piazza Indipendenza.
Aree che rispondono perfettamente al concetto dello “sviluppo insediativo centripeto che è il tema principale attorno al quale si articola la LPT (Legge sulla Pianificazione del Territorio) che specifica:
“In sintesi si tratta di guidare l’evoluzione degli insediamenti verso una maggiore concentrazione di abitanti e posti di lavoro in luoghi strategici, … luoghi ben allacciati al trasporto pubblico, dotati di commerci e servizi alla popolazione e all’economia, nonché di punti d’attrazione per attività di vario tipo (culturali, di svago ecc.)
Le autorità di Bellinzona, invece di favorire questo processo urbanistico virtuoso, promuovono gli interessi di poteri forti e tentano di rendere edificabili grandi aree agricole o in disuso, lontani dal centro; è il caso dei terreni di Prato Carasso, di un terreno agricolo a ovest di via Greina a sud della Casa per Anziani e, ancora, i terreni sui due lati di via Tatti.
Tra via Tatti ed il Dragonato, da via Zorzi fino alla golena, si devono organizzare i posteggi di attestamento, serviti dal nuovo svincolo autostradale, ombreggiati da una piantumazione pregiata.
Via Tatti diventerebbe una bellissima entrata alla città con vista sui castelli.
Per il centro amministrativo con centinaia di posti di lavoro del Credit Suisse suggerisco terreni più idonei (alle Officine FFS, o in via Murate lato nord, o nella ristrutturazione dello Stadio Comunale, o a San Paolo).
Renato Magginetti
Il viale Giuseppe Motta
Fa perno su Piazza Mesolcina e collegava la frazione di Carasso, sull’altra sponda di Bellinzona.
Anche in questo caso il ponte è stato abbattuto per dar spazio all’autostrada e come per il viale S. Franscini la possibilità di rivalutarlo come viale urbano a traffico lento, pedonabile e ciclabile; servizio a domicilio tollerato.
A est si innesta mirabilmente nel tessuto storico, su Piazza Mesolcina ed il Quariere San Giovanni; indirettamente sulla Stazione FFS.
Il lato sud-ovest è caratterizzato dall’impianto delle Scuole Nord, dalla Palestra Federale, da Piazza Stadio e relativi edifici che si affacciano anche sul viale.
Le aree lungo il viale a nord-ovest di via Mirasole dovrebbero far parte del Grande Parco Attrezzato.
Anche l’area militare, presto dismessa dovrebbe far parte del Grande Parco.
Il lato nord del viale G. Motta è caratterizzato dal Palazzo Mirasole e dalle casette della cooperativa dei ferrovieri. Anche l’edificio in via (Mesolcina 1) (?) è degno di protezione.
Tutto il resto sono edifici obsoleti e anche fatiscienti che andrebbero ripensati, ricostruiti, possibilmente allineati (eventualmente contigui) sul limite della strada, con carattere cittadino (fatta eccezione per gli edifici che si affacciano sulla via Monte Crenone e l’edificio al N. 40, che sono di recente costruzione).
I terreni lungo il viale G. Motta ad ovest di via Camoghè sono di proprietà dei militari e sarebbero da riscattare per costruire edifici residenziali a forte densità possibilmente contigui e allineati sul limite della strada, con carattere cittadino.
Piazza dello Stadio
Non è un caso che per il momento si chiama “Piazzale Stadio”, infatti è usato come posteggio e non tutti gli edifici che lo circondano rispettano i requisiti per definire una piazza (in particolare l’edificio al N. 4. Sul lato sud- est un grande terreno vuoto, a prato, che potrebbe essere definito meglio, o creando un volume con alberi (un giardino pubblico), o costruendo un edificio.
L’edificio che ospita gli spogliatoi, i magazzini e la tribuna dello stadio è obsoleto e fatiscente; prima o poi si dovrà costruire un nuovo stadio che sul lungo fronte verso la piazza (vista a nord) potrà ospitare spazi amministrativi e commerciali.

La Città di Bellinzona ed il suo Stadio.
Bellinzona non è più solo Piazza Nosetto.
(articolo pubblicato su la Regione)
A Bellinzona il MedioEvo ha resistito fino al 1850. E’ arrivata la ferrovia, hanno scoperto l’800.
Hanno costruito il viale Stazione, il quartiere S. Giovanni, il viale G. Motta, il viale General Guisan, il viale Portone, il quartiere di via Vincenzo Vela, il viale Stefano Franscini.
Più tardi hanno costruito architettura moderna; l’Ospedale San Giovanni di Brunoni e Jäggli, La Bancaria Ticinese di Augusto Jäggli, il ginnasio cantonale di Alberto Camenzind, il palazzo Fabrizia di Snozzi-Vacchini, i palazzi dell’arch. Roberto Bianconi,, il bagno pubblico di Galfetti-Ruchat-Trümpi, il Centro tennis, la pista di ghiaccio e la piscina coperta di Galfetti, la Swisscom di Mario Botta; tutti oggetti perfettamente integrati nel disegno della città.
La ristrutturazione dei Castelli, CastelGrande in particolare, hanno dato nuova dimensione ai Bellinzonesi. L’UNESCO ci proietta nel mondo; cittadini del mondo. E oggi?
Bellinzona ha le migliori potenzialità per diventare il “centro” più confortevole ed economico del “Ticino Città-Regione” perché:
– è possibile raggiungere tutto a piedi e in bicicletta (abitazioni, servizi, scuola, cultura, svaghi, ecc.)
– è facile un servizio pubblico tra i grandi posteggi con Centri Commerciali di Castione e di St. Antonino
– in treno si va facilmente a Lugano-MILANO, a Locarno, a Lucerna-Zurigo-BASILEA
– tutto può roteare attorno ad un grande parco verde attrezzato.
I viali S. Franscini e G. Motta sono gli elementi potenzialmente più importanti di Bellinzona perché:
– definiscono i quartieri ottocenteschi attorno al Centro Medievale
– collegano la città al fiume Ticino
– si innestano perfettamente nei gangli della città 800esca
– sono già strutturati con importanti servizi
– definiscono il parco!
Il Parco Attrezzato
A Bellinzona c’è un parco che si estende dal fiume fino ai piedi di Castel Grande, stretto tra i viali 800eschi di Stefano Franscini e Giuseppe Motta, che permette uno sviluppo straordinario dell’intera città.
Un parco attrezzato comprendente l’Archivio, il Centro Scolastico nell’ex Caserma, il Liceo, la Scuola Media del Camenzind, la scuola Nord con i suoi grandi alberi del cortile, il giardino d’infanzia e i grandi alberi in zona Stallone, il centro d’informatica, il Bagno Pubblico, il Centro Tennistico, il Palazzo del Ghiaccio con Piscina coperta, lo Stadio.
Un parco con i suoi percorsi, sulle murate, sopra le piscine, sotto generose fronde di antichi alberi, lungo il fiume, che si collega fisicamente al Parco del Fiume Ticino e al Lago Maggiore, e con esso tutta la città, tutta la regione.
Uno sviluppo straordinario della città. Un potenziale straordinario per lo sviluppo della città.
A sud del viale S. Franscini e a nord del viale G. Motta si possono finalmente concepire i nuovi quartieri di Bellinzona, con carattere cittadino, ad altissima densità, che si affacciano, sul parco verde attrezzato e lo definiscono.
Quartieri con piazze e piazzette, corti e giardini pubblici inter connessi riservati ai pedoni, ai bambini.
Quartieri con spazi coperti, negozi, uffici, … al piano terra; con appartamenti a pigione moderata ai piani bassi, più pregiati ai piani superiori, eventualmente di lusso gli attici.
Le persone più sensibili incominciano a capire:
– che è meglio abitare un appartamento confortevole a 2 passi dall’asilo, dalla scuola, dai negozi, dalla posta, dal municipio, dalla chiesa, dalle banche, dai bar e ristoranti, dai campi sportivi e di gioco;
– che i bambini imparano quando giocano con altri coetanei negli spazi pubblici (strade e piazze libere);
– che un auto costa almeno 1’000.- Fr. al mese ma, se si vive in centro, ne basta una per famiglia e si evita lo stress di chi porta o va a prendere chi (a scuola, alla stazione, al campo da gioco, ….);
– che la casetta unifamiliare con “giardino” ha costi improponibili, impossibili per i più;
Al centro di questa nuova città, dentro il parco attrezzato, il Nuovo Stadio.
La soluzione è relativamente semplice, l’attuale sedime è sufficientemente grande per il Nuovo Stadio. In una prima fase si potrà costruire la nuova tribuna sud, verso il quartiere di Vincenzo Vela, con tutti gli spazi di servizio necessari per le infrastrutture dell’intera area verde (spogliatoi, magazzini, uffici per la dirigenza e associazioni sportive varie, locali stampa, …). In un secondo tempo, con la demolizione della tribuna esistente, si completa lo stadio che potrà contenere altre, svariate, attività che cercano spazio all’interno della Nuova Città che aiuteranno, finalmente, a ridefinire la Piazza dello Stadio.
Quanto sarà grande lo Stadio Comunale?
La Swiss Football League richiede un minimo di 10’000 spettatori di cui 2/3 seduti. Quello di San Gallo (16’000 spettatori EUFA) o quello di Lucerna (15’000 spettatori ?) misurano ca metri 170 x 130, misure che, al Comunale, ci stanno comode ma, forse, per il Ticino è già troppo grande.
Il nuovo Stade de Suisse di Berna (32’000 spettatori EUFA, ca. metri 200 x 170) è un esempio di stadio cittadino. Al suo interno, oltre alle necessarie infrastrutture sportive, sono organizzati un museo, un centro di conferenze e business, due scuole, un centro di salute con Fitness e Wellness, una discoteca, ristoranti, bar, uffici e appartamenti. Anche Basilea e Neuchâtel hanno lo stadio dentro la città, con contenuti diversi e dimensioni più modeste. Anche Bellinzona deve fare la stessa scelta.
Il Nuovo Stadio nel parco attrezzato, al centro di questa “nuova” città.
In tutta Europa e in particolare in Svizzera e in Ticino:
.1 Il tipo di urbanizzazione che accettiamo acriticamente da almeno (più di) 50 anni è la vera causa del dissesto o disastro economico e finanziario dei nostri Comuni, Cantoni e Confederazione!
Altro che i costi della sanità, della socialità e del lavoro messi insieme!
.2 Le normative edilizie e di pianificazione e le norme dei Piani Regolatori, che accettiamo acriticamente da almeno (più) di 50 anni, sono la causa della distruzione di 4’000 anni di storia dell’architettura e di tradizione del costruire il nostro territorio.
I nostri avi avevano imparato a costruire il territorio nel rispetto ferreo, per necessità, dell’uso parsimonioso del territorio.
Avevano imparato a costruire le case la dove non era possibile altro; ne prati, ne campi, ne pascoli, ne boschi. Avevano imparato a costruire le case una vicina all’altra attorno a spazi di scambio e di magìa;
una vicina all’altra per proteggersi, e dal freddo d’inverno e dal caldo d’estate e per costruire spazio, pubblico, privato ed intimo nei quali identificarsi e, attraverso i quali, comunicare.
.3 I Piani Regolatori dei comuni, obsoleti ed incapaci di individuare le potenzialità del proprio territorio, sono in contrasto con i più elementari principi di uso parsimonioso del territorio e delle risorse e in contrasto con una visione globale e fisica del territorio.
Anche per questi motivi è indispensabile riflettere sull’idea di un “Ticino Città-Regione” imperniato su 3 grossi “centri”, Lugano, Locarno, Bellinzona, e Biasca a nord, e Mendrisio-Chiasso a sud.
“Centri” con una alta densità, in grado di concentrare e razionalizzare le infrastrutture, i servizi, i costi della collettività e del privato.
Capaci, finalmente, di assumere un carattere cittadino dentro i quali sarà possibile un discorso serio, tra altro, di pedonalizzazione, di spazi pubblici riconsegnati ai cittadini e in particolare ai bambini. “Centri” in grado di recuperare e riaffermare la dialettica tra Città e Campagna.
Bellinzona capitale delle Alpi grazie ad AlpTransit
con i suoi Castelli iscritti ad UNESCO, deve ritrovare il suo ruolo storico di “Porta Alpina” e ha in AlpTransit il vettore ideale perché in grado di rivoluzionare la geografia Europea.
Vogliamo far abitare a Bellinzona anche gente che lavora a Lugano, Milano, Zurigo.
Per il gruppo di lavoro “Piano di Magadino, Bellinzona, Locarno”
Peter Brack, Loris Dellea, Biagio Lepori, Renato Magginetti, Orlando Pampuri.
Bellinzona Nord
Via Varrone
Che correva in mezzo ai campi, è probabile si sia ridefinita con la costruzione del convento dei Cappuccini e della sua chiesa del Sacro Cuore. Verso est si collega alla via San Gottardo e insiste sulla “Cattedrale” delle Officine FFS; c’è anche una entrata secondaria all’area industriale.
E’ possibile che questa strada si sia sviluppata lungo un corso d’acqua che nel frattempo è stato intubato.
Verso ovest la si dovrebbe prolungare fino a via Pizzo di Claro, anche la parcellizzazione fondiaria suggerisce questo intento.
Tra il viale Giuseppe Motta e via Varrone
L’area è segnata da strade interessanti che corrono in direzione nord-sud
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- il viale Officina, limite est del “quartiere”
- via San Gottardo, strada cantonale, asse principale che collega il nord e che si dirama nella via Gerretta, poi via Ripari Tondi, che collega la Scuola Media 2 e la passerella per Galbisio
- via Pratocarasso, che si collega in modo mirabile alla Benedetta che …
- via Pizzo di Claro che collega la Casa per Anziani Greina, ma anche la Scuola CPC e un piccolo nucleo, con il Bagno Pubblico; precedentemente collegava il centro all’antico Bagno Pubblico demolito per far posto all’autostrada.
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La carreggiata di queste strade dovrebbero essere ridimensionate per limitare la velocità delle automobili e per ampliare i marciapieti corredati da filari d’alberi che ombreggiano, anche posteggi.
Come già scritto vanno eliminate tutte le normative presuntamente divine, assurde e inutili, che non hanno mai avuto alcuna relazione con modelli architettonici e urbanistici, che impediscono la contiguità, non permettono di definire lo spazio pubblico (piazze e strade) e non consentono l’uso razionale del terreno (in particolare le distanze da confini pubblici e privati e le distanze tra edifici).
Si devono aumentare gli indici di sfruttamento e di occupazione e si devono riaffermare gli elementi strutturali che stanno alla base dei nostri villaggi, borghi e città.
Su questi temi si dovrebbero far lavorare gli studenti di architettura per proporre modelli in grado di incentivare anche i piccoli e medi proprietari fondiari e immobiliari.
Sarebbero indicati anche concorsi di fattibilità aperti.
Il quartiere Stalingrado
Nel 19.., in mezzo ai prati a sud di via Gesero, un antico percorso che collegava un piccolo nucleo a Daro, è stato costruito un quartiere di casette operaie per ferrovieri ordinate su un reticolo di strade ortogonali. Ai tempi era una coperativa, che è stata privatizzata. Alcune casette sono ancora intatte, altre sono state ristrutturate, ad alcune è stato aggiunta un’autorimessa, altre sono state deturpate con aggiunte o con sopraelevazioni sproporzionate. Una sola è stata ristrutturata e sopraelevata con intelligenza e grande sensibilità (via Pizzo di Claro –).
Purtroppo, considerando le manomissioni, ma soprattutto gli edifici che sono stati costruiti tutt’attorno, questo quartiere non ha più senso; l’unico valore che persiste è il disegno delle strade ortogonali e quel piazzale che non è piazza fin tanto che non riceve edifici qualificati che la definiscano tale.
Le costruzioni del quartiere andrebbero sostituite con edifici a forte densità capaci di qualificare il quartiere con un forte carattere cittadino e giustificare attività di commercio e di ristoro che si affacciano sulla Nuova Piazza.
Osservando il piano di catasto ci si accorge anche di una continuità dimenticata che collega via Ai Mulini con via Lucomagno e prosegue fino al Bagno Pubblico.
La “Moderna”
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E’ una cooperativa, progetto dell’arch. Agostino Cavadini, 1940 (circa) |
Anonimo 1
La sindrome dello Svizzero-tedesco: schöne, schöne Sonne.
Alla fine dell’800, soprattutto con l’apertura della galleria ferroviaria, molti Svizzeri-tedeschi hanno cominciato a scendere in Ticino; per lavoro, per vacanza, per godersi la pensione.
Erano affascinati dal paesaggio e dal clima: “schöne, schöne Sonne”.
Hanno cominciato a costruirsi la casetta, tutta aperta a sud. Ci hanno messo un attimo per capire che da noi il sole picchia, diverso che al nord delle Alpi
Finché si trattava della casetta nel giardino bastava l’ombra di un ciliegio.
Con la palazzina le cose cambiano eppure, anche i ticinesi continuano ad affacciarsi a sud per cui:
gelosie, persiane, tapparelle, tende, avvolgibili, sempre chiusi, per non avere il sole negli occhi e non rovinare tappeti e mobili.
Casa Anziani Comunale
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progetto dell’arch. Claudio Pellegrini |
La via Federico Ghisletta
È un percorso pedonale e ciclabile, corredato da verde, che corre sul vecchio tracciato della ferrovia Mesolcinese. La ferrovia proseguiva lungo l’attuale via Gerretta e, dopo la via Vallone, parallelamente alla via Ripari Tondi. Tra via Vallone e via Greina è stata trasformata in strada che rappresenta un inutile doppione con la via Ripari Tondi. Sarebbe sensato smantellarla e ripristinare la campagna. La via Ripari Tondi è molto suggestiva, delimitata da antichi muri in pietra a secco (in parte da restaurare).
Oltre la via Greina questa via si innesta sulla nuova passerella (pedonabile e ciclabile) che collega Galbisio.
La chiesa del Sacro Cuore
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Storia della chiesa e del convento…
Mi sono sempre chiesto a proposito della posizione della chiesa ed infatti, studiando il piano del catasto ci si accorge che c’è una linea di confini che partendo dalla mezzeria della facciata della chiesa, porta fino alla via Roggia dei Mulini e lungo la stessa in Piazza Mesolcina, e oltre, nel cortile delle Scuole Nord, a lato della Palestra Federale, e, passando sul retro della Banca Stato, fino nei Giardini Simmen e in Piazza del Sole.
Come riscattare questa periferia cancerogena
…
La via Vallone
Collega il quartiere di San Paolo (con la chiesetta Madonna da Rè e la ex stazione merci FFS) con il fiume dove c’era il “buion” (luogo dove ti traghettavano con la barca) e il vecchio bagno pubblico.
Oggi la via Vallone è caratterizzatta dai seguenti edifici.
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immagini tratte da google I palazzi dell’arch. Bianconi |
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La Casa Anziani Greina, (arch. A. Jäggli) |
Case cooperativa Greina (arch. M. Krähenbühl) |
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La Scuola Commerciale CPC, Bellinzona (arch. F. Giacomazzi) |
La Casa Anziani Comunale San Paolo (arch. Gaggini e Probst) |
Tra via Varrone e via Vallone
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La proprietà Muttoni |
I “Nuovi” Quartieri della Gerretta |
In una seconda fasa si dovrà procedere con la densificazione come tra via G. Motta e via Varrone.
Il Rreferendum di Pratocarasso
Architetti e Pratocarasso
(Articolo pubblicato su La Regione)
Siamo architetti domiciliati o che lavorano a Bellinzona e sosteniamo il referendum contro la variante di Piano Regolatore per il Comparto di Pratocarasso che propone una urbanizzazione del tutto anacronistica e che non tiene conto dei veri problemi e delle potenzialità della nostra città. I costi di costruzione e di gestione delle infrastrutture, strade, fognature, reti idrica, elettrica e delle comunicazioni, trasporti, in crescita esponenziale perché irrazionali e dispersive, sono una delle principali cause del dissesto finanziario ed economico di Comuni, Cantoni e Confederazione, ben più dei costi della sanità, della socialità e del lavoro messi insieme.
Per questo motivo, in tutta la Svizzera si tende a limitare le aree edificabili e a densificare le aree più vicine ai centri, già provviste delle infrastrutture, trasformandole in quartieri cittadini. A Bellinzona invece si vogliono aprire all’edificazione ulteriori 140’000 mq di terreni non ancora urbanizzati mentre sarebbe importante trasformare e riqualificare le aree a sud del viale Stefano Franscini e a nord del viale Giuseppe Motta in modo da valorizzare il grande parco che dal CastelGrande si estende fino al fiume Ticino e che contiene opere di grande interesse e valore, come la Scuola Nord, lo Stadio Comunale, la Scuola Media di Camenzind, gli istituti scolastici nell’ex Caserma, il Bagno Pubblico, il centro Tennis, la Piscina Coperta con la pista di ghiaccio, l’Archivio Storico e la Biblioteca Cantonale, il Centro d’Informatica Cantonale oltre che una ricca piantumazione ed aree verdi funzionali. In altre parole costruire una città compatta e pedonalizzata che si dovrebbe estendere dal Convento del Sacro Cuore fino alle Semine con al centro la rocca di CastelGrande, il centro medievale ed un grande parco attrezzato. Quando si parla di quartieri cittadini intendiamo aree con palazzi contigui che definiscono spazio pubblico, strade, piazze e piazzette, cortili e giardini pubblici, per esempio come in viale Stazione, Piazza Collegiata, piazza Nosetto, piazza e cortili Magoria, piazza Indipendenza, ma con architettura moderna, con appartamenti e attici con tipologie diversificate e, al piano terra, portici, negozi, bar, ristoranti, servizi vari, uffici. La nostra città ha un grande potenziale perchè già oggi, in auto, il cittadino bellinzonese raggiunge Lugano più facimente di chi abita a Cureglia, Muzzano, Carona, o nel Malcantone, figurarsi in treno, e domani Lucerna, Zurigo, Basilea lavorando al computer.
Con prossimi contributi cercheremo di motivare il nostro dissenso riguardo a questo Comparto di Pratocarasso ma di una cosa siamo sicuri: questo referendum permetterà alla popolazione, finalmente, di discutere seriamente delle priorità di questa città.
Gli architetti …..
Tino Bolliger, Peter Brack, “Sergio Cattaneo”, Loris Dellea, “Tommaso Fiorini”, Biagio Lepori, Renato Magginetti, Leonardo Modena, Orlando Pampuri, “Renato Regazzoni”, “Angela Riverso”,Luca Romerio, Aldo Velti
Bellinzona e castelli
(articolo pubblicato su la Regione)
A Bellinzona ci sono i castelli e, ai loro piedi, un borgo medievale delimitato dalle murate con strade, piazze e corti. Sono spazi pubblici! definiti da costruzioni allineate e contigue, molto diverse tra loro, sia per età che per stile, alcune belle, altre solo ricche, molte semplici o banali, alcune anche decisamente brutte, ma non se ne accorge nessuno, l’importante è che aiutino a definire lo spazio ed il sabato mattina ci si incontra volentieri al mercato. Dopo lunghe battaglie sono riusciti a togliere le automobili e, in parte, anche i marciapiedi. Le strade e le piazze tornano a rianimarsi anche in settimana; sarebbe bello vederle piene di bambini e ragazzi che giocano, purtroppo abitano lontano dal centro. Nei quartieri previsti a Pratocarasso propongono l’esatto contrario. Ci saranno strade circolari con una larghezza minima di metri 5 e 30 in modo che possano incrociare un automobile ed un veicolo pesante. Le case dovranno mantenere una distanza minima di metri 4 dal ciglio della strada, non c’è vincolo di allineamento, solo con l’accordo del vicino la casa potrà essere contigua. Cosa ne facciamo di una strisca di terra di 4 m tra la casa e la strada quando per posteggiare razionalmente un’auto ce ne vogliono almeno 5 e 50? Un marciapiede privato? Anche nel centro medievale il problema del posteggio vicino a casa non è risolto. Ma nel caso di una nuova urbanizzazione, a questo problema bisogna dare delle soluzioni chiare e coerenti. Non è il caso di Pratocarasso. L’architetto e pianificatore Fabiola Nonnella, nel corso del dibattito organizzato da La Regione, ha mostrato come esempio o modello possibile per la prima tappa della nuova pianificazione di Pratocarasso il quartiere Zelgli Mattenach, a Winterthur (www.zelgli-winterthur.ch). Purtroppo l’esempio presentato è il contrario di quanto lo stesso Municipio propone per Pratocarasso. Nel nuovo quartiere di Winterthur le fasce verdi non sono elementi privatizzati ma pubblici, l’automobile e quindi la rete viaria non entra all’interno dei quartieri abitativi, i posteggi sono risolti in modo chiaro. Nella stessa serata i promotori dell’urbanizzazione hanno ribadito che il progetto risponde alla tendenza in atto: sono ancora molti che aspirano alla casetta unifamiliare con giardino e sognano la libertà grazie alla mobilità privata, malgrado i costi per la collettività estremamente elevati. Altre persone sono costrette in periferia per la mancanza di appartamenti a loro accessibili (soprattutto nel rapporto qualità-prezzo). Gli strumenti pianificatori dovrebbero incoraggiare le tendenze più recenti e più sostenibili, per esempio quella delle famiglie che capiscono che abitando in città, con la stazione ferroviaria e tutti i sevizi a due passi, si può rinunciare a una o più vetture per famiglia, quella degli anziani, in crescita esponenziale, che cercano appartamenti (anche protetti) in centro per poter godere delle comodità della città.
per il gruppo “Piano Magadino, Bellinzona, Locarno” gli architetti Loris Dellea, Biagio Lepori, Renato Magginetti.
Per la città
(articolo pubblicato su la Regione)
Dopo decenni di tragica urbanizzazione di tipo consumistico che ha compromesso ovunque il nostro territorio, pensiamo sia il momento di ricuperare e riqualificare i valori urbani dei villaggi e delle città che si contrappongono alla costruzione diffusa che invade pianure e colline. Villaggi e città dovrebbero essere aree compatte, caratterizzate da costruzioni che definiscono spazio pubblico, strade, piazze, parchi, corti, Aree strutturate che testimoniano dell’evoluzione e della sovrapposizione storica, all’interno delle quali, costruzioni emergenti, indicano valenze importanti, spesso pubbliche (il Governo, il Municipio, la Chiesa, la Scuola, il Teatro, il Museo, l’Ospedale) che assumono funzioni di orientamento e di identità. Gli spazi pubblici, per principio, sono pedonalizzati o, perlomeno, sono luoghi dove l’automobile è subordinata al pedone. Le vaste aree disseminate da casette e villini con giardinetti non hanno niente a che vedere con la città e neanche con i villaggi. Queste aree sono da considerare periferia, o campagna contaminata, estremamente dispendiose a livello economico ed ecologico, per l’uso scriteriato del territorio e delle risorse. Pensate al costo di costruzione e soprattutto di manutenzione delle strade, delle fognature, delle reti idriche, elettriche, telefoniche. La costruzione diffusa, lontana dal centro, rende difficile, se non impossibile, la realizzazione di un trasporto pubblico efficiente, favorendo immancabilmente il ricorso al traffico privato, generatore di tanti problemi riconosciuti da tutti. Per costruire Città, e riqualificare borghi e villaggi, dobbiamo trasformare e ristrutturare le aree edificate più vicine ai nuclei, attraverso la densificazione e la costruzione di edifici che ridefiniscono spazio pubblico. Per raggiungere questi obiettivi si devono modificare ed abolire la maggior parte delle normative edilizie e di Piano Regolatore vigenti, come ha fatto Monte Carasso, che da 30 anni rappresenta un esempio riconosciuto ed apprezzato a livello mondiale. Sono normative da eliminare, poche da modificare, perché inadeguate, obsolete, controproducenti o semplicemente prive di senso. Un esempio per tutte: la distanza delle costruzioni dal confine, rispettivamente dalla strada. E’ una normativa che nasce con l’avvento dell’automobile. Per condurla ovunque e posteggiarla possibilmente sotto o accanto alla camera da letto, hanno sventrato quartieri medievali e villaggi per allargare antiche vie. Alle nuove costruzioni hanno imposto delle distanze dal confine in modo da consentire l’allargamento delle strade. Questa norma, per inerzia, continua a proliferare nonostante che le strade siano già sufficientemente larghe. Le conseguenze di queste normative sono tragiche. Non è più possibile definire spazio pubblico e si producono spazi residuali che non servono a niente e a nessuno e che generano costi, per lo sperpero di terreno pregiato, per la costruzione di muri di cinta o recinzioni di proprietà. Con le vigenti normative edilizie e di Piano Regolatore i tipici villaggi e i quartieri di città storiche che tanto ammiriamo non sarebbero più possibili. I favorevoli al progetto di Pratocarasso insistono sul fatto che la città ha bisogno di sviluppo demografico ed economico, per essere forte anche in ottica di future aggregazioni, ma non si accorgono che con l’apertura all’edificazione prevista a Pratocarasso creano le premesse per la trasformazione di Bellinzona in anonima periferia, indebolendo ancor più la città. Per questo la crescita demografica ed economica deve concretizzarsi con la costruzione e la densificazione delle aree a ridosso del centro storico e del suo parco che, tra il viale Franscini ed il viale Motta, si estende fino al fiume Ticino. Ci sono nuovi criteri di urbanizzazione che creano Città, con qualità vere per la popolazione, che favoriscono nuove attività, che non bruciano risorse inutilmente. Su questi temi il Cantone è esplicito: – l’urbanizzazione di Pratocarasso “determinerà si possibilità di sviluppo e di consolidamento della Città nella sua area nord, ma anche un diverso bilanciamento delle dinamiche urbane e un ulteriore accrescimento della preclusione giuridica all’apertura di nuove zone edificabili” che, tradotto dal burocratese, significa che se si costruisce Pratocarasso, il baricentro della città si sposterà verso Nord e non verso Giubiasco e a Bellinzona non sarà più possibile costruire altrove e non sarà più possibile riqualificare le aree più vicine al Centro e creare nuova Città.
per il gruppo “Piano Magadino, Bellinzona, Locarno” gli architetti Peter Brack, Loris Dellea, Biagio Lepori, Renato Magginetti, Orlando Pampuri.
Il piano regolatore può cambiarci la vita
(articolo pubblicato su la Regione)
Strade larghe, molto larghe, sempre più larghe. 40 o 50 anni fa quella di allargare le strade era un’ossessione. Alle nuove costruzioni si imponevano distanze minime dal confine per consentire l’allargamento delle strade. Erano gli anni ruggenti quando il benessere era rappresentato da automobili sempre più potenti. Bisognava condurle ovunque e posteggiarle possibilmente accanto al letto.
Per allargare antiche vie, i politici hanno sventrato villaggi e quartieri medievali. Oggi ci si accorge che la qualità della vita è più alta nelle zone pedonali, dove edifici contigui disegnano spazi aggregativi, come strade, piazze, giardini, parchi, corti, dove costruzioni di interesse pubblico assumono funzioni di orientamento e di identità.
Salvo rare eccezioni, non è più necessario allargare le strade. Eppure la norma che impone distanze minime dal confine continua a proliferare e a fare gravi danni. I burocrati ripetono gli errori commessi da chi li ha preceduti. Per inerzia e ignoranza, nei piani regolatori si perpetuano norme obsolete, controproducenti o prive di senso. Le conseguenze sono tragiche. Non è più possibile definire spazio pubblico e si producono spazi residuali inutili che generano costi e sperpero di terreno pregiato. Con le leggi attuali, i villaggi e i quartieri storici che tanto ammiriamo non sarebbero più possibili. Per fortuna alcuni politici intelligenti hanno capito gli errori commessi dal “Partito della strada larga” e, un po’ alla volta, stanno rimediando. A Monte Carasso, ad esempio, oggi è possibile costruire una o più case su terreni dove prima non era permesso neanche un gazebo. Gli edifici contigui e vicini alla strada cominciano così a ridefinire spazi aggregativi come stradine e piazzette. Dall’altra parte del fiume Ticino, invece, i pianificatori della città di Bellinzona parlano ancora il burocratese antico. Lo dimostra la variante di piano regolatore di Pratocarasso su cui voteremo il 13 giugno. Un progetto che risponde male a logiche antiquate, perverse, spreca terreno, sposta verso nord il baricentro della città e squalifica il centro medievale ed ottocentesco che rappresentano il vero potenziale di Bellinzona. Il Cantone è stato esplicito: se dovesse vincere il sì a Pratocarasso, non si potranno più riqualificare le altre aree cittadine. Invece di prendere esempio dalla pianificazione di Monte Carasso, riconosciuta ed apprezzata a livello mondiale, il municipio di Bellinzona ripete gli errori del passato. Ma i cittadini non hanno bisogno né di un uso scriteriato del territorio né di uno spreco di denaro. Non hanno bisogno di gettare al vento milioni di franchi per costruire e mantenere nuove strade, fognature, reti idriche, elettriche, telefoniche. I cittadini hanno invece bisogno di spazi pubblici, pedonalizzati, nei quali incontrarsi e dove i bambini possano giocare. Per ora invece sono i municipali che giocherellano con il piano regolatore, senza disporre delle necessarie competenze. La pianificazione della città di Bellinzona è stata più volte bocciata dagli uffici cantonali. Eppure funzionari e capodicastero sono ancora lì a pasticciare con le distanze dalla strada, incapaci perfino di copiare esempi modello applicati dall’altra parte del confine comunale. Il piano regolatore sembra una cosa astratta ma al lato pratico può cambiarci la vita. Con il nostro “NO” all’assurda variante di Pratocarasso dobbiamo far capire alle autorità che se, per inerzia o pigrizia mentale, i burocrati ripetono sempre gli stessi errori, siamo noi cittadini che subiamo le conseguenze sulla nostra pelle.
Renato Magginetti
Torneranno a voler urbanizzare Pratocarasso
In allestimento
La scuola Media 2 (arch. L. Vacchini)
In allestimento
Gli edifici a nord di via Vallone
In allestimento
La Benedetta
E’ una costruzione rurale, era in mezzo ai campi e terminale della via Pratocarasso che, come abbiamo visto, si collega perfettamente al centro di Bellinzona.
Per impedire che quest’area verde venga sacrificata all’edilizia sfrenata ci vuole un’invenzione.
Propongo di costruire, attorno all’antico edificio della Benedetta, ristrutturato, un complesso alberghiero che risponda alle richieste del turismo emergente, il turismo dalla Cina, dall’India, dal Sud-Est Asiatico, dal Brasile, per il quale le Alpi rappresentano un mito ed una meta privilegiata.
Un albergo immerso nel terreno agricolo, nella parte est, nord e ovest, mentre nella parte sud, ad ovest di via Pratocarasso un bel parco. A sud ovest, purtroppo si dovranno tollerare quelle costruzioni, scarse, che sembrano fruttto di abusivismo.
A sostegno di questa idea spiego che non è concepibile che questa massa di turismo che atterra, per esempio a Zurigo, venga sistemata su torpedoni per essere trasportata al “Leone morente” di Lucerna, attorno al quale sono assembrate le migliori gioiellerie, per poi essere trasportati, 2/3 nelle alpi bernesi ed il restante terzo al Fox Town di Mendrisio.
La ferrovia è sicuramente un mezzo di trasporto più consono anche perché permette pacchetti turistici più flessibili fatti su misura; per esempio vai a Lucerna in treno, puoi continuare con il battello fino a Flüelen proseguire con la Gotthardbahn fino a Göschenen per salire ad Andermatt ed usufruire del Glacier Express, o salire al passo del San Gottardo e scendere ad Airolo, o proseguire fino a Faido o Biasca o direttamente fino a Bellinzona.
Lucerna e Bellinzona sono i due punti di forza della vecchia Gotthardbahn che è un vettore di grandissimo potenziale turistico; ecco il perché di un importante complesso alberghiero proprio a Bellinzona, collegato alla stazione FFS di Bellinzona-San Paolo e con il centro città.
A questo proposito allego un importante intervista da:
http://www.swissinfo.ch/ita/economia/Cercasi_alberghi_con_mille_posti_letto_e_guide_per_cinesi.html?cid=33667084
Cercasi alberghi con mille posti letto e guide per cinesi
I turisti cinesi apprezzano in particolare il fascino di Lucerna (Keystone)
Di Ting Song e Dahai Shao, swissinfo.ch
09 ottobre 2012 – 11:00
Se la Svizzera vuole attirare più turisti cinesi, soprattutto i grandi gruppi, deve costruire diversi alberghi “da mille posti letto”. Il consiglio viene da un operatore cinese, che sottolinea anche la carenza di guide che padroneggiano il mandarino.
Hui Ni è direttore generale della società Grand China MICE Service. Questa filiale della Hainan Airlines Company Limited è specializzata nell’organizzazione di conferenze in Cina e all’estero, di eventi promozionali e di viaggi premio.
swissinfo.ch: Qual è il profilo classico dei cinesi che viaggiano in Europa?
Hui Ni: Sono attivo nel settore da oltre vent’anni. In base alla mia esperienza direi che sono coloro che hanno già viaggiato nel sud-est asiatico, Hong Kong e Macao, che scelgono costosi viaggi a lunga distanza come l’Europa. Ma oggi, i giovani sono più propensi a viaggiare, per lo più dei “colletti bianchi” che hanno anche una certa disponibilità finanziaria.
swissinfo.ch: Il pacchetto “7 paesi in 10 giorni” è ancora popolare? Esiste anche un’offerta per un solo paese, per esempio per la Svizzera?
H.N.: Esistono entrambi. Quando è il primo viaggio in Europa, la maggior parte sceglie il pacchetto con diversi paesi. Mentre chi vi è già stato sceglie un’offerta con uno o due paesi.
Dipende anche dal luogo di provenienza. Chi viene da città come Shanghai o Pechino preferisce viaggi tematici, come la scoperta dei vini, lo sci, le grandi feste, i castelli o il wellness. Chi viene da città medie e piccole si orienta piuttosto verso la cosiddetta offerta “di iniziazione”. In linea generale c’è una crescente domanda di circuiti lusso.
swissinfo.ch: Qual è il tipico viaggio organizzato in Europa? Atterrare a Parigi, attraversare l’Europa fino a Roma e ritorno?
H.N.: Questo è il tour standard che le agenzie organizzano ancora oggi. I circuiti però sono molto più variati, perché ci sono molte altre città di partenza dalla Cina, non solo i voli diretti per Parigi, ma anche per Francoforte, Monaco, Europa del Nord, Austria o Svizzera. Il circuito più comune è il “DFHBL” (Germania, Francia, Olanda, Belgio, Lussemburgo).
Ciò dipende dai biglietti aerei di cui dispongono le agenzie. Per esempio, noi della Hainan Airlines abbiamo voli diretti verso la Svizzera e possiamo organizzare itinerari Zurigo-Bruxelles e Zurigo- Berlino.
swissinfo.ch: Quali sono i punti di forza della Svizzera per i turisti cinesi?
H.N.: In primo luogo la natura, le montagne, il verde, i laghi, che sono molto belli. Ma non si deve neppure dimenticare il fascino particolare delle piccole città. Anche la tecnologia svizzera, come gli orologi, attira i turisti cinesi.
Inoltre, giocano un ruolo la pubblicità di Svizzera Turismo e l’ottenimento agevolato dei visti in seguito all’entrata della Svizzera nello spazio di Schengen.
swissinfo.ch: I turisti cinesi ottengono spesso prezzi molto vantaggiosi per l’alloggio e i pasti. Ciò è dovuto all’abilità nel mercanteggiare?
H.N.: Nel nostro caso, vitto e alloggio sono forniti da grandi operatori come Kuoni e altre agenzie più piccole. Ma quando sono organizzati circuiti per grandi gruppi, come l’anno scorso per un viaggio offerto ai 200 dipendenti della società IDG, abbiamo collaborato con gruppi alberghieri.
Se si vogliono ottenere sconti, dipenderà principalmente dalle collaborazioni a lungo termine con catene alberghiere e dal numero di turisti interessati. Più il loro numero è elevato, più il prezzo è basso. Ma in tal caso l’albergo può essere relativamente distante dal centro. Gli sconti sono offerti da grandi fornitori, mentre con le piccole imprese è difficile negoziare il prezzo.
Per questo motivo esiste anche un tipo di viaggio in funzione degli acquisti dei clienti: il tour non è costoso, poiché l’agenzia si basa sulle commissioni derivanti dalle vendite. Una prassi che è assolutamente vietata da noi.
swissinfo.ch: Perché gli operatori di viaggio cinesi preferiscono lavorare con le agenzie cinesi con sede in Svizzera e proporre cibo cinese?
H.N.: Il motivo principale è la mancanza di flessibilità delle agenzie locali. I cinesi non sono molto organizzati, si iscrivono tardi e gli stranieri faticano ad adattarsi.
Ma ora molte catene alberghiere internazionali si adattano ai clienti cinesi. Gli Hotel Hilton stanno facendo del loro meglio e preparano una colazione con latte di soia, bignè cinesi e verdure marinate. I gusti culinari cinesi non cambieranno mai (ride).
Molti alberghi fanno particolarmente attenzione ad offrire dei servizi “alla cinese”, come ad esempio mettendo a disposizione nelle camere delle pantofole, un bollitore e tè. Ciò è essenziale.
swissinfo.ch: Che consigli si sente di dare al settore alberghiero svizzero per attirare i clienti cinesi?
H.N.: Prima di tutto di natura materiale. Una volta avevamo proposto a un gruppo di andare in Svizzera. Ma il cliente ha detto che erano in 900 e che temevano che in Svizzera sarebbero stati “incapaci” di accoglierli. Così hanno scelto Monaco di Baviera. In Svizzera, ci sono molti piccoli alberghi locali con grande carattere, ma non lavorano insieme. La Svizzera ha dei vantaggi: è possibile accedere a diversi paesi europei e vedere paesaggi differenti. Ma ci vorrebbero uno o due alberghi con mille posti letto per città. La Svizzera dovrebbe investire in questo tipo di infrastruttura, perché abbiamo bisogno di grandi catene alberghiere internazionali.
In secondo luogo, in Svizzera ci sono pochissime guide locali che parlano cinese. Siamo costretti a prendere le guide da Francia, Germania e Italia, che però non conoscono bene la Svizzera. Abbiamo cercato di assumere degli svizzeri, ma il loro livello di cinese non era sufficiente per comunicare correntemente.
Ting Song e Dahai Shao, swissinfo.ch
(Traduzione: Sonia Fenazzi)
turismo cinese in svizzera
Secondo i dati pubblicati dall’Ufficio federale di statistica, nei primi otto mesi del 2012 negli alberghi in Svizzera sono stati registrati 487’400 pernottamenti di ospiti provenienti dalla Cina, ossia il 26,5% in più dello stesso periodo dell’anno precedente. In classifica, comunque, i turisti cinesi sono ancora molto lontani dietro a ospiti di paesi come per esempio la Germania, la Gran Bretagna o la Francia. I visitatori europei, serbatoi classici del settore turistico elvetico, diventano ogni anno meno numerosi.
Simon Bosshart, direttore dei mercati Asia-Pacifico presso Svizzera Turismo, conferma a swissinfo.ch che per incrementare l’afflusso di visitatori cinesi occorre creare infrastrutture capaci di accogliere grandi gruppi a prezzi vantaggiosi.
La prova: il comune di Opfikon, nella periferia di Zurigo, è in quinta posizione nella classifica delle località svizzere che accolgono turisti cinesi, appena dietro Lucerna, Zurigo, Interlaken e Ginevra.
“Se i cinesi scelgono Opfikon per alloggiare non è perché esiste qualcosa di particolare, ma perhé è vicina all’aeroporto di Zurigo e perché dispone di alberghi con molte camere, a prezzi ragionevoli, in grado di ospitare grandi gruppi”, spiega Bosshart.
capire e soddisfare
L’industria alberghiera svizzera si sta dando da fare per adattarsi ai turisti provenienti da diverse parti del mondo. Svizzera Turismo e hotelleriesuisse hanno recentemente pubblicato un opuscolo destinato ai professionisti del settore contenente informazioni su usi e costumi dei visitatori provenienti dalla Cina e consigli su come comportarsi con questi ospiti.
Qualche esempio:
I turisti cinesi preferiscono trascorrere il loro tempo libero in gruppo. Tenete conto nelle proposte di attività per il tempo libero durante il loro viaggio.
Se possibile, non assegnare agli ospiti cinesi camere del 4° piano o camere che contengono il 4 perché questo numero è associato con la sfortuna o addirittura con la morte. Al contrario, le camere con numeri contenenti il 6, l’8 o il 9, nonché quelle situate al 6°, 8° e 9° piano sono considerate fortunate.
Assegnare ai clienti cinesi camere con letti separati, poiché sovente i membri del gruppo non si conoscevano prima di iniziare il viaggio.
I cinesi amano bere il tè caldo o acqua calda a qualsiasi ora del giorno o della notte. Mettere a disposizione nelle camere un bollitore elettrico per l’acqua o un thermos contenente acqua calda, così come tè e caffè. Ai pasti vanno serviti acqua calda o tè caldo.
I cinesi sono “viaggiatori dell’ultimo minuto”, non programmano il viaggio e non amano aspettare: mostrare flessibilità e fornire risposte e servizio rapidi.
I cinesi mangiano rapidamente: cercare di servire i pasti a tutti allo stesso tempo e non prender come un segno di mancanza di rispetto il fatto che i cinesi lasciano il tavolo immediatamente, non appena hanno terminato di mangiare.
La via San Gottardo
Gli edifici lungo la via San Gottardo
Ce ne sono pochi che si affacciano correttamente sulla strada e la maggior parte sono obsoleti.
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Sciocco costruire strade veloci e mettere cartelli per rallentare a 30 / 50 km/h.
In via San Gottardo il campo stradale è troppo largo, meglio marciapiedi più larghi e con alberature.
Questa strada ha un grande potenziale.
Bellinzona Sud
Il Nuovo viale Canonico Ghiringhelli
E’ un viale molto interessante, alberato, con betulle, belle. Molte sono appena state sostituite, dunque ancora giovani, ci vorranno alcuni anni prima che possano esprime il loro carattere (la loro forza).
Un viale che si inserisce molto bene nel tessuto storico, sul lato ovest dell’aggiunta al Palazzo del Governo (delle Orsoline) degli architetti Bernasconi e Guidini. Un viale con un grande potenziale che dovrebbe proseguire diritto, oltre la via Carlo Maderno, fino a via Giovanni Serodine e via Pier Francesco Mola che sono 2 strade che insistono sulla futura Stazione Tilo Alla Saleggina.
Un asse che collega magnificamente il Centro Storico di Bellinzona con il “Centro Civico” delle Semine. Il viale, corretto, metterebbe in evidenza il complesso composto da 3 edifici residenziali, in via F. Zorzi 39/41, sull’incrocio con via Serodine, considerato di “sfruttamento senza scrupoli” che però, nella sua semplicità, addirittura banalità, contemplo come di grande valore architettonico e urbanistico.
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Purtroppo sono ancora pochi gli edifici che si affacciano correttamente sul suggestivo viale, tra questi:
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– il Palazzo Salvioni in via C. Ghiringhelli 9 |
– la villa in via G. Nizzola 11 |
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– l’edificio in via C. Ghiringhelli 19° | – le Case sussidiate, via C. Ghiringhelli 23 |
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– l’edificio residenziale, via C. Ghiringhelli 27 | – il Cimitero |
Nuovo Ospedale Cantonale alla Saleggina e la Nuova Stazione Tilo
Città, il potenziale delle nuove fermate Tilo
(pubblicato sulla Rivista di Bellinzona)
Il nuovo Ospedale, sul terreno dello Stand di tiro alla Saleggina, rappresenterebbe uno straordinario potenziale urbanistico, una grande opportunità per la nuova Aggregazione.
Il torrente Guasta è il confine tra Bellinzona e Giubiasco. Un confine, divide e allo stesso tempo unisce, difatti Ravecchia e Pedevilla sono da considerare un unico nucleo.
Indipendentemente dall’aggregazione, si tende a pensare che Giubiasco e Bellinzona siano ormai un tutt’uno. Io sono di altro avviso perché faccio una distinzione netta tra villaggio, borgo, città da un lato e periferia, che si sviluppa senza ordine ne struttura ne criterio e invade tutto, dall’altro.
Ma c’è un altro elemento che, per il momento, solo divide ed è la linea ferroviaria FFS.
Divide il Parco di Villa dei Cedri dal comparto della chiesa di Santa Maria delle Grazie e del cimitero.
Taglia la via Lugano che collega il nucleo medievale di Bellinzona con la Piazza Grande di Giubiasco, costringendola ad un complesso sotto passo.
Divide Bellinzona da Giubiasco perché corre su un terrapiento alto 4/5 metri. Attraversa e taglia.
Per un lungo tratto, ca. 460 m, il torrente Guasta corre parallelo alla linea ferroviaria.
In questo punto sarebbe ideale, e facile, costruire una nuova stazione Tilo, che diventerebbe elemento di strategica importanza. Fondamentale! Intanto perché servirebbe il Nuovo Ospedale.
Ma anche il nucleo di Ravecchia-Pedevilla che potrebbe trovare nuove identità.
Vicino al nucleo di Pedevilla ci sono la Casa per Anziani di Giubiasco, la Scuola Media e un centro commerciale. Vicino al nucleo di Ravecchia ci sono il Parco di Villa dei Cedri e il comparto della chiesa di Santa Maria delle Grazie, il convento, la Casa per Anziani Paganini-Rè e il Cimitero.
Soprattutto c’è il Centro di Quartiere (CQ) delle Semine, che già oggi, per contenuti è secondo solo alla Piazza Grande di Giubiasco e al Centro Medievale di Bellinzona al quale è collegato con una strada lenta, pedonale e ciclabile, molto simpatica, dal grande potenziale: le vie Borromini, Luini, Salvioni, Orico e Piazza Governo.
Ci sono le scuole dell’infanzia e delle elementari, un centro sportivo, una stazione di servizio con pompe di benzina, il Mc Donald, un negozio Coop, una farmacia, un veterinario, altri negozi, diversi uffici, la Posta, diverse aree di posteggio, uno spiazzo con alberi e una fontana. C’è la nuova passerella pedonale che collega Montecarasso.
Questa Nuova Stazione Tilo ha il potenziale per unire le due parti a cavallo della ferrovia e della circonvallazione di via Zorzi, di unire Bellinzona, Giubiasco e Montecarasso e diventare il motore per ristrutturare e dare nuova dignità a questo comparto, di Ravecchia – Pedevilla – Saleggi – Semine, da tempo obsoleto e disgregato; tutta un’anonima periferia. E tutto questo, evidentemente, anche grazie al Nuovo Ospedale Cantonale.
ReMa
Il nuovo Quartiere attorno alla via delle Semine, a sud del Cimitero
In allestimento
Ravecchia – Pedevilla
In allestimento
Il Centro Civico alle Semine
Pianificazione partecipata?
(Articolo pubblicato su La Regione)
Sarebbe bello coinvolgere i cittadini sui temi del territorio o, almeno, del proprio quartiere.
Purtroppo mancano cultura, tradizione, strumenti. Manca soprattutto la volontà politica. L’informazione, che dovrebbe coinvolgere tutti, è del tutto (volutamente?) insufficiente.
Da molte legislature il Municipio di Bellinzona si rifiuta di riflettere sulla necessaria modifica radicale di un Piano Regolatore (PR) nato vecchio; obsoleto per rapporto alle nuove sfide (penso ai criteri di uso parsimonioso) e alle nuove opportunità come AlpTransit.
L’autorità preferisce procedere con modifiche di PR puntuali, subordinate a interessi privati forti che non tengono in considerazione un disegno organico, unitario della città.
Evito la lunga lista delle modifiche puntuali ma, sollecitati dal referendum, avremo occasione di dibattere sull’ultima modifica, di via Tatti, approvata in CC.
Qui mi concentro sul “Centro di Quartiere” (CQ) alle Semine.
Diversi anni fa, con la scusa di un CQ, sono stati modificati e approvati i parametri di PR di un terreno, di un privato, che non ha specificità particolari o diverse da quelli circostanti; è solo grande.
Hanno concesso indici di sfruttamento maggiorati e un piano in più.
I cittadini hanno reagito, con argomenti viscerali, solo quando hanno visto le modine che indicavano la volumetria dell’edificio.
Il progetto proposto non era peggio dei nuovi e vecchi edifici del quartiere. L’inserimento del volume mi sembrava corretto e in sintonia, indipendentemente dalle molte normative obsolete che condizionano pesantemente le libertà degli architetti, penso in particolare alle distanze dalle costruzioni e dai confini pubblici e privati che impediscono la contiguità tra edifici e la possibilità di definire spazio pubblico; piazze e strade.
E’ sorprendente vedere come si dibatte di questo progetto senza accorgersi che c’è già un vero CQ che, a Bellinzona, è secondo solo al Centro Medievale. Ci sono le scuole dell’infanzia, delle elementari e della media, un centro sportivo, una nuova passerella pedonale per Montecarasso, una stazione di servizio con pompe di benzina, il Mc Donald, una farmacia, un veterinario, un negozio Coop, altri negozi e diversi uffici, la Posta, diverse aree di posteggio, una piazzetta con alberi e una fontana. Questo Centro alle Semine è collegato con il Centro medievale con una strada lenta, pedonabile e ciclabile, molto simpatica, dal grande potenziale; via Borromini, via Luini, via Salvioni, via Orico.
Sarebbe molto più utile pensare come dare un’identità, anche urbanistica e architettonica a quest’area ancora disordinata ma dai contenuti forti.
Basterebbe poco; oltre a un riordino dei posteggi che liberi, recuperi, rivaluti le aree attorno al Centro Sportivo e alle Scuole.
Siamo pronti per l’esercizio di una pianificazione partecipata vera?
Renato Magginetti
Due piccoli capolavori di architettura Alle Semine
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Architetto Franco Bircher |
Architetto Roberto Bianconi |
Anonimo 2
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Questo edificio, est ovest, parallelo al “Guasta” e alla ferrovia, gemello di quello a nord di piazza Mesolcina, è diventato potente grazie ai nuovi colori rosso e bianco. |
Democrazia è partecipazione
(Articolo pubblicato su La Regione)
“Ofelee fa el tò mestee”* dunque mi piace scrivere di architettura, urbanistica e territorio, un tema che ci riguarda tutti. E’ che per partecipare bisogna essere informati; ciò che le nostre autorità non sanno (vogliono) più fare: informare. A Bellinzona esempi a iosa; uno, piccolo, emblematico, rigurda una modifica puntuale del PR alle Semine. In funzione di un “Centro di Quartiere”, l’esecutivo aveva proposto l’aumento degli indici e delle altezze su un terreno, solo un po’ più grande. Il legislativo l’aveva approvato senza grandi discussioni. Evidentemente le reazioni popolari solo al momento della posa delle modine per la domanda di costruzione.
A proposito del “nodo intermodale” alla Stazione FFS ho già scritto. Per impedire che la popolazione sia minimamente informata impediscono la pubblicazione dei progetti del concorso. Sarà troppo tardi quando la popolazione si renderà conto che tutti gli autopostali, dalla mattina alla notte, dovranno girare attorno alla terrazza del “Bavarese” per reinmettersi sul viale Stazione o attraversare la Piazza e che tutte le auto e le moto dovranno passare a lato della statua dell’Helvezia e davanti alla Stazione ristrutturata per posteggiare a nord della stessa. Sarà troppo tardi anche per spiegare che c’è un progetto alternativo, più funzionale, più economico, che permette di togliere il traffico dal viale Stazione.
Oggi la Stazione FFS-Tilo in Piazza Indipendenza. In attesa della circonvallazione ferroviaria di Bellinzona, le FFS necessitano di un terzo binario. E’ già in costruzione, in parte già realizzato; ma c’è un problema! Delicato! Non ancora deciso! La nuova galleria sotto la murata del Castello di Monte Bello, Patrimonio dell’UNESCO! Quale compensazione per questo traforo, le FFS offrono la nuova Stazione Tilo in Piazza Indipendenza. Ottimo! Di conseguenza, le autorità cantonali e cittadine, hanno organizzato un concorso di fattibilità per studiare e verificare le potenzialità di quest’opera. E’ stato scelto un progetto di grande interesse e di valore, degli architetti Baserga e Mozzetti. Un progetto che propone il recupero di via Cusa e via Von Mentlen per l’accesso ai binari della nuova stazione. Sono antiche stradine che collegavano l’istituto di Santa Maria rispettivamente Ravecchia, interrotte con la costruzione della ferrovia. Per mettere in evidenza la murata e il Palazzo di Santa Maria, propongono l’abbattimento di un secondo edificio oltre a quello indispensabile per far passare il terzo binario. Altro intervento particolarmente utile, l’interramento della via alla Cervia che permette di rimarginare la ferita nella murata, di collegare i piani inferiori dell’autosilo eliminando gli attuali posteggi in superficie e, soprattutto, di ricucire il tessuto edilizio tra la ferrovia, la Piazza Indipendenza e la Cervia; riconsegnando gli spazi ai pedoni. Purtroppo anche in questo caso manca una corretta informazione alla popolazione; sui quotidiani solo articoli allusivi come la bella immagine che non spiega l’interesse. Vedo già! Dopo le elezioni nessuno parlerà più della ricucitura del quartiere ma il pericolo più grande sarà quando le FFS avranno la galleria di cui hanno bisogno. Ci diranno che è un peccato ma che per motivi tecnici e di costi non sarà possibile neanche la fermata FFS-Tilo. Democrazia! Che bella parola! Come suona bene nella bocca dei nostri politici! (ma solo quando la grande maggioranza della popolazione si disinteressa delle loro decisioni)
Renato Magginetti, archittopos
* Offelee, fa ol tò mestee:
Pasticciere, fa’ il tuo mestiere (esortativo), per invitare a non occuparsi di attività delle quali non si è esperti (tipica espressione dialettale meneghina)
Stazione FFS Bellinzona
“Osservazioni” sulla consultazione del “nodo intermodale” della Stazione FFS di Bellinzona
Il progetto in consultazione non rispetta la norma principale e fondamentale che stabilisce che chi scende dal treno deve poter raggiungere il “Nodo intermodale” entro 3 minuti.
Solo i passeggeri che si trovano nel terzo terzo dei treni che giungono da sud, sul binario 1, riescono a raggiungere in tempo il “nodo intermodale”. Per tutti gli altri il percorso è anche particolarmente tortuoso: scendere per prendere il sottopasso, salire alla quota della stazione e scendere di nuovo alla quota del nodo intermodale; un labirinto.
In modo molto maldestro i funzionari cantonali preposti e le autorità, male informate, tentano di far credere che non ci siano alternative. Nessuno nega la complessità e relative difficoltà e per questo le soluzioni vanno ricercate con grande impegno.
Tuttavia una interessante soluzione è stata indicata nel progetto degli architetti Snozzi-Malisia che hanno vinto l’ultimo dei 3 concorsi e che hanno potuto realizzare solo una parte della loro idea, solo gli edifici di competenza delle FFS. Il progetto prevedeva anche, davanti al nuovo edificio che ingloba la vecchia stazione e il vecchio edificio di servizio, una grande piazza-terrazza rettangolare, orizzontale, pensata per rafforzare e mettere in risalto l’unità della nuova stazione, esaltare la scultura di Remo Rossi, e affacciarsi sul viale Stazione.
Sotto questa piazza era previsto il “Nodo intermodale”, auto-postali e taxi, in modo che l’accesso per i passeggeri, tramite il sottopasso esistente che collega i binari, fosse semplice, diretto, veloce, economico e poco costoso. Anche per gli autopostali l’accesso, da dietro il ristorante Bavarese, sarebbe semplice e con uscita dal “nodo intermodale” direttamente sulla via Lodovico il Moro, dopo la discesa del Leon d’Oro. Questa soluzione permette di separare il flusso dei pedoni, che dalla stazione si muovono verso la città e viceversa, dal traffico veicolare pubblico e privato e liberare il viale e la piazza Stazione, dagli autopostali e dai veicoli a motore privati.
Purtroppo, già nel corso della giuria del concorso, i funzionari del Cantone, aggrappati a un disegno che era parte del progetto precedente, già abbandonato, hanno evitato di considerare questa proposta. Scartata a priori. Non solo; le FFS Immobili, le autorità cantonali e cittadine e la Commissione Regionale dei Trasporti Bellinzonesi hanno impedito che i progetti di concorso venissero esposti e pubblicati, come sarebbe la prassi. Agli architetti che hanno partecipato al concorso e che hanno protestato per questa mancanza di rispetto e di trasparenza, è stato concesso di vedere l’esposizione, ma solo accompagnati.
Questo, se non è illegale (ancora tutto da dimostrare) è profondamente antidemocratico, è la dimostrazione che non si vuole informare e coinvolgere la popolazione, è la dimostrazione che si vuole nascondere.
Con il progetto in consultazione le conseguenze per la “città” saranno pesantissime.
Il flusso continuo di auto-postali, in arrivo e partenza, da questo “Nodo intermodale” in consultazione, dovrà girare attorno alla terrazza del ristorante Bavarese per ri-immettersi sul viale o attraversare la piazza Stazione.
Tutte le automobili, i taxi e le motociclette che vorranno posteggiare in stazione dovranno percorrere il viale Stazione o la via Lodovico il Moro, passare a lato della statua dell’Helvezia e davanti all’edificio FFS ristrutturato perché i posteggi sono stati previsti a nord della stazione.
Non sarà più una piazza ma un immenso ingorgo di autopostali, automobili e moto con buona pace per chi vorrà muoversi a piedi e in bicicletta.
I funzionari e le autorità hanno anche la faccia tosta di esaltare il fatto che sulla piazza la velocità dei veicoli sarà ridotta a 20 km/h, come se per i mastodonti delle poste fosse possibile destreggiarsi ad una velocità superiore.Ma il dramma non finisce qui: tutta l’area nord-est di Bellinzona, da via Pellandini alla stazione FFS, fino a via San Gottardo, Piazza Mesolcina, via General Guisan, sarà perturbata con traffico pubblico e privato che si incrocia all’inverosimile.
Invece di limitare il traffico privato (automobili e motociclette) alla via Pellandini e alla via Daro, perché va garantito l’accesso a Daro e Artore, ce lo dobbiamo sorbire anche sul viale Stazione, su via Lodovico il Moro e anche sul vicolo Santa Marta, che attualmente è un vicolo pedonale. Il motivo è semplice, sciaguratamente, il posteggio park and rail, i posteggi dei taxi e i posteggi per motociclette sono previsti a nord della stazione.
Sciaguratamente perché sarebbe più logico mettere i posteggi, su più piani, al posto del “nodo di intercambio” in consultazione, con entrata e uscita direttamente da via Daro.
Anche il traffico pubblico, che potrebbe scorrere a senso unico lungo via Pellandini, via Daro, vicolo Nadi per entrare nel “nodo intermodale” sotto la piazza Stazione, come da progetto Snozzi-Malisia, e uscire direttamente sulla via Lodovico il Moro e immettersi sul viale Officina, verso sud o verso nord, ce lo dobbiamo sorbire, nelle due direzioni, su via Pellandini, sul viale Stazione, su via Lodovico il Moro e ancora sul vicolo Santa Marta.
Evidentemente non siamo contrari al “servizio a domicilio” per tutti, ma è un’altra cosa. Considerando che a Bellinzona ci saranno 3 svincoli autostradali con entrata in città rispettivamente da via San Gottardo, via Zorzi e via Tatti, si può pretendere che su tutte le altre strade della città la velocità del traffico sia ridotta a 20 km/h; saranno al massimo 500 metri per raggiungere la propria casa o il proprio posto di lavoro.
Solo chi ha la pratica di leggere piani tecnici si accorge che, per garantire il flusso del traffico pubblico e privato previsto, gli estensori di questo progetto in consultazione sono costretti ad allargare la curva di via Lodovico il Moro presso il Leon d’Oro, costruire una nuova rotonda sull’intersezione tra la via Lodovico il Moro e il viale Officina e ad allargare, di molto, il vicolo Santa Marta.
Gli incroci stradali sulla piazza Mesolcina, regolati da semafori intelligenti, che sono già particolarmente sollecitati, rischiano (per usare un eufemismo) il collasso con l’innesto, nelle due direzioni, del traffico pubblico, del traffico privato e delle ciclopiste da e per il vicolo Santa Marta. Una vera assurdità.
Solo chi ha dimestichezza con la lettura dei piani tecnici e nel contempo conosce bene il comparto in oggetto si accorge che si vogliono (devono) sacrificare molti alberi, diversi dei quali sono probabilmente segnalati come degni di protezione. Constato che, a riguardo, nella voluminosa documentazione in consultazione, non c’è il piano e neanche una documentazione fotografica che documenta il taglio degli alberi. Risulta che manca anche il piano generale con la nuova piantumazione, eventualmente in sostituzione di quelle sacrificate.
E’ evidente il tentativo di occultare.
Anche a proposito dei costi si sentono cose incredibili a parte il fatto che si dovrebbe parlare di economia. Un progetto può essere poco costoso ma anche poco economico e addirittura anti-economico e un progetto può essere molto costoso e nel contempo molto economico.
L’accesso al “nodo intermodale”, progetto Snozzi-Malisia, è quasi gratis perché c’è già, si deve solo aprire il passaggio nel muro di Cemento Armato esistente.
Il volume di scavo per costruire il “nodo intermodale”, progetto Snozzi-Malisia, è equivalente a quello per il “nodo intermodale” in consultazione ma costa molto meno perché non necessita di costosi muri di contenimento lungo i binari, come nel caso del “nodo intermodale” in consultazione.
La copertura del “nodo intermodale”, progetto Snozzi-Malisia, con relativa pavimentazione della piazza, probabilmente costa qualche cosa in più, ma non è da sottovalutare il costo della copertura del “nodo intermodale” in consultazione, soprattutto per quanto riguarda i costi di manutenzione.
Inoltre il progetto Snozzi-Malisia, che semplifica di molto il traffico pubblico e privato del comparto nord-est di Bellinzona, non necessita dell’allargamento stradale sulla curva di via Lodovico il Moro in prossimità del Leon d’Oro, non necessita di una ulteriore rotonda sull’intersezione tra via Lodovico il Moro e il viale Officina, non necessita della trasformazione del vicolo pedonale di Santa Marta, non necessita di un nuovo impianto semaforico che rende comunque ancora più complessa la circolazione in piazza Mesolcina.
I funzionari e le autorità cantonali e cittadine di competenza e la Commissione Regionale dei Trasporti Bellinzonesi sostengono che il progetto degli architetti Snozzi-Malisia non sia fattibile per motivi di costi e citano in particolare le difficoltà per la presenza del collettore di acque chiare (in particolare del riale Bone che scende da Daro) e di acque scure. E’ un’argomentazione ridicola!
Questo collettore si trova a nord della scala che collega via Lodovico il Moro con il piazzale della stazione e a nord della passerella pedonale che collega la stazione con Daro. Tra il piazzale della stazione e via Lodovico il Moro ci sono quasi 10 metri di dislivello per cui, nell’ambito dello scavo per il “nodo intermodale”, progetto Snozzi-Malisia, sarebbe facilissimo spostare un po’ più verso i binari il raccordo tra i 2 diversi livelli del collettore per eventualmente consentire, attraverso il “nodo intermodale”, progetto Snozzi-Malisia, l’accesso alle aree a nord della stazione FFS.
Ridicola anche la storiella secondo cui le persone rifuggono gli spazi interrati. A parte il fatto che si possono illuminare con luce naturale gli spazi del “nodo intermodale”, progetto Snozzi-Malisia, la quasi totalità degli spazi commerciali funzionano con luce artificiale, come pure le stazioni delle metropolitane. … e la tecnica dell’illuminazione artificiale ha fatto passi tali da permettere la coltivazione di vegetali e non solo della canapa.
Si spera che nell’ambito della Nuova Aggregazione Bellinzonese, le prossime autorità cittadine abbiano la forza per valutare con maggior acume i processi di pianificazione, coinvolgendo, finalmente, la popolazione.
Bellinzona, 28.11.2016 Renato Magginetti, architetto
La Porta del Ticino in festa.
(articolo pubblicato su La Regione)
Le FFS si considerano un’azienda pubblica quando cercano finanziamenti e un’azienda privata quando si tratta di affari. E infatti per ristrutturare la stazione di Bellinzona hanno organizzato privatamente i concorsi, coinvogendo pochi invitati.
Il Cantone, (e forse la Città) aveva inizialmente preteso un progetto globale che considerasse l’intero comparto;
per alcuni anni le FFS hanno quindi lavorato sul progetto che aveva vinto il concorso; ma poi qualcuno ha deciso che il vecchio edificio di servizio andava salvaguardato.
Le FFS hanno quindi ricominciato tutto da zero, con uno “spezzatino” e un nuovo concorso vinto dagli architetti Snozzi-Malisia.
Oggi una parte del progetto, inaugurato a metà ottobre, è lì da vedere.
Purtroppo le FFS, le autorità e i vari enti preposti hanno impedito che i progetti di concorso diventassero di dominio pubblico. Solo i partecipanti al concorso (accompagnati) hanno potuto vedere i lavori degli altri concorrenti.
Questa è un’offesa alla democrazia e alla tanto declamata trasparenza.
Gli architetti si odiano ma si parlano, dunque si sa che il progetto Snozzi-Malisia prevedeva anche altro.
Davanti al nuovo edificio, che ingloba la vecchia stazione e il vecchio edificio di servizio, era prevista una grande piazza-terrazza rettangolare, orizzontale, pensata per rafforzare l’unità della nuova stazione, mettere in risalto la scultura di Remo Rossi, e affacciarsi sul viale Stazione.
Sotto questa piazza era previsto il “Nodo intermodale”, auto-postali e taxi, in modo che l’accesso per i passeggeri tramite il sottopasso esistente che collega i binari, fosse semplice, diretto, veloce, economico.
Anche per gli autopostali l’accesso, da dietro il ristorante Bavarese, sarebbe stato semplice, con uscita direttamente sulla discesa del Leon d’Oro.
Questa soluzione avrebbe permesso di separare completamente il flusso dei pedoni dal traffico veicolare, nonché di liberare il viale e la piazza Stazione.
Tra vicolo Nadi e la ferrovia, dove purtroppo ora si prevede di realizzare il “Nodo intermodale”, sarebbe facile costruire almeno due piani di posteggi per auto e moto, con entrata e uscita direttamente da via Daro, di fronte alla Posta e costruirci sopra edifici di quattro o cinque piani, con contenuti da decidere. Qualcuno sarebbe sicuramente in grado di farci un pensierino economico. Troppo bello!
A questo punto è facile immaginare perché si è voluto impedire la divulgazione dei progetti che avevano partecipato all’ultimo concorso: forti del consenso ottenuto dai politici, i funzionari avevano già deciso. E accettare che le circostanze offrano una soluzione migliore … scombussola, richiede uno sforzo sovraumano.
A mio modo di vedere la responsabilità ricade quindi meno sulle FFS (hanno avuto quel che volevano) e più sul Cantone, sulla Città e sulla Commissione Regionale dei trasporti Bellinzonesi.
Le conseguenze per la “città” saranno pesantissime: il flusso continuo di auto-postali e taxi, in partenza dal “Nodo intermodale” (oggi in consultazione) dovrà girare attorno alla terrazza del ristorante Bavarese per immettersi sul viale o attraversare piazza Stazione. Tutte le automobili e le motociclette che vorranno posteggiare in stazione dovranno passare a lato della statua dell’Helvezia e davanti all’edificio ristrutturato perché i posteggi sono stati previsti a nord della stazione.
La piazza, pensata per i pedoni e per caratterizzare e rafforzare l’unitarietà del nuovo edificio, non sarà in realtà una “vera” piazza ma un immenso ingorgo di autopostali, automobili e moto con buona pace per chi si muove a piedi e in bicicletta.
Peraltro, chi scende dal treno deve poter raggiungere il “Nodo intermodale” entro 3 minuti: ebbene, il progetto ora presentato non permetterebbe di rispettare questa norma fondamentale.
E i costi? Molto più alti e il tutto molto meno economico rispetto al progetto originale degli architetti Snozzi-Malisia.
Renato Magginetti
Lo spezzatino per festeggiare
(articolo pubblicato su La Regione)
Alcuni anni fa, per sbrogliare la matassa, il Cantone, forse in collaborazione con la città, ha imposto alle FFS di considerare l’area della Stazione di Bellinzona in modo globale. Si organizzò un concorso che prevedeva la ristrutturazione di tutta l’area; tra le molte funzioni anche un nodo intermodale tra ferrovia, bus e taxi. Tra i progetti dei 4 studi di architettura invitati, poi esposti nell’ex Büffet, fu premiato quello, molto interessante, degli architetti associati Orsi e Sauerwein.
Dopo 3 anni di lavori e studi le Commissioni Federali dei Beni culturali, decidendo che non si poteva abbattere “l’Edificio di Servizio”, decretarono la morte di quel progetto.
Si dovette ripartire da zero. Il Comune e il Cantone accettarono lo spezzatino; la divisione del comparto in 5 parti: il restauro dello storico “Edificio viaggiatori”, la nuova biglietteria con la ristrutturazione del “Edificio di Servizio”, il Park & Raid, il “nodo intermodale”, la piazza della Stazione.
Per la nuova biglietteria e la ristrutturazione del “Edificio di Servizio” si decise per un nuovo concorso con altri 4 studi di architettura oltre ai 4 che erano stati invitati in precedenza.
Solo per un attimo, mi sono molto stupito che lo studio di architettura che partiva con le migliori credenziali si fosse ritirato, e solo all’ultimo momento.
Tant’è, hanno scelto il progetto degli architetti Luigi Snozzi e Mauro Malisia.
Un progetto che considero molto intelligente, forte e allo stesso tempo molto umile.
Riprendendo l’espressione dello storico “Edificio viaggiatori” propone un nuovo insieme la cui unità è rafforzata da un’antistante nuova piazza rettangolare che si affaccia sul viale Stazione.
Una piazza che permette di risolvere con semplicità e razionalità un sottostante “nodo intermodale” collegato ai binari con il sottopassaggio esistente. Una soluzione che permette di separare in modo netto il traffico viario (autopostali, bus e taxi) dai pedoni in uscita dalla stazione e di liberare definitivamente il viale Stazione dagli automezzi.
Un progetto che propone una soluzione unitaria nonostante lo spezzatino.
Contravvenendo alle Norme, i progetti ammessi al concorso non sono mai stati esposti, di conseguenza la popolazione è stata tenuta all’oscuro da queste scelte che sarebbero di primaria importanza per tutta la Regione.
Abbiamo festeggiato l’inizio dei lavori della ristrutturazione degli edifici di competenza delle FFS.
Penso che i bellinzonesi non abbiano niente contro festeggiamenti e inaugurazioni ma se si vuole che Bellinzona diventi la “Porta del Ticino” e che la Stazione rappresenti un cambiamento epocale intimamente legato alla città, qualcuno vorrebbe capire cosa bolle in pentola per quanto riguarda il Park & Raid, il nodo intermodale, la nuova piazza antistante la Nuova Stazione e il raccordo con il viale della Stazione.
Renato Magginetti
Chiedere alle FFS di pubblicare il progetto
di concorso per la Stazione di Bellinzona
del Consorzio Snozzi-Pini-Rigozzi
La morte della Piazza
(articolo pubblicato su La Regione)
E’ stato presentato mercoledì, in pompa magna, lo strumento che condanna la Piazza della Stazione FFS di Bellinzona: il Nodo Internodale della stazione di Bellinzona
Tante belle parole, tanti numeri, belle immagini e lo slogan “La Porta della Città”. Fumo negli occhi!
La realtà è molto triste:
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- 14 stalli per bus che dalla mattina presto a sera tarda sono costretti a girare attorno alla terrazza del caffè Bavarese per tornare sul viale Stazione o attraversare la Piazza e scendere al Leon D’oro.
- 150 stalli per automobili (fuori terra a nord della nuova stazione FFS) e 50 stalli per motocicli (fuori terra, accanto allo stabile viaggiatori, a nord) che sono costretti a passare sulla piazza lungo l’edificio della stazione, in parte nuovo e in parte ristrutturato.
- 250 stalli per biciclette (di cui 100 in velobox) che, dai documenti in mio possesso, non si capisce dove
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…
E’ la forza dei numeri, lo sa benissimo qualsiasi contabile, che però sa anche che si devono inserire secondo precise regole, altrimenti è la catastrofe; annunciata!
…
Ci sarebbe molto da dire anche sull’espressione architettonica ma è un campo minato dal gusto, che è soggettivo e fa comodo credere sia senza regola, lo dice la radio, te lo insegna la televisione, te lo inculca la pubblicità, che le interessa solo vendere.
40 anni fa (abitavo a Minusio) Guido Cavagna, Municipale di Minusio e Granconsigliere per il PdL, aveva invitato, me e un collega, per farci i complimenti per un articolo che avevamo pubblicato sull’Eco di Locarno (1 pagina e mezza) a proposito del Piano Viario Locarnese (1975).
Poi ci disse che in Municipio era arrivato il tema del nuovo PR; ci mostrò un fascicolo molto spesso, e ci chiese se volevamo consultarlo e dargli un parere.
Ero molto giovane, molto ingenuo e forse anche esaltato.
Dopo poco tornammo dal Cavagna con 5/6 fogli di commenti e 2 intuizioni.
Prima intuizione:
Gli spiegammo che è un po’ come se uno eredita un grande appezzamento, una grande fattoria; deve fare 2 cose:
.1 chiedersi cosa vuole fare su quei terreni, se vuole fare aggricoltura piuttosto che allevamento, o industria o un po’ di tutto.
.2 deve fare un disegno del suo territorio per capire dov’è piano, dov’è in pendenza, ripido, secco, umido, bagnato, ecc. per trovare il posto giusto alle varie cose (attività).
Gli abbiamo spiegato che metà di quel grosso fascicolo di PR erano semplicemente fotocopie dell’ORL e che l’altra metà erano statistiche sull’evoluzione demografica accompagnate da qualche nozione storica e da molti anneddoti.
Alla fine del fascicolo 2 disegni molto colorati, il Piano del Paesaggio e il Piano delle Zone.
Mancava del tutto una lettura topografica e morfologica del territorio.
Seconda intuizione:
Gli abbiamo detto che già alle elementari ci spiegano che dove un confine è naturale ci sono poche guerre ma che là dove una linea è tracciata arbitrariamente i conflitti sono permanenti.
Allo stesso modo non si capisce come sono definite le varie zone se non nel rispetto di limiti di proprietà.
Cavagna si preocupò.
Capì che sono cose che potrebbero capire tutti, alle quali tutti dovrebbero partecipare.
Ci disse che era convinto che un PR fosse un insieme di leggi e normative e che bisognava accertarsi che fossero rispettate tutte, già che i borghesi avevano interesse a scordarsene qualcuna, a proposito di case popolari, case per anziani, asili nido, ecc.
Ancora oggi la maggior parte, anche tra gli architetti, pensa che il PR sia semplicemente un insieme di leggi e di normative, magari di origine divina.
Cavagna ci chiese se eravamo disposti a presentare le nostre tesi all’Unità di Sinistra di Minusio (PdL, PSA, PST). Ci trovammo il sabato alle 14.00.
Alle 18.00 tutti avevano l’impressione che era un tema che si poteva capire, partecipare, si decise di ritrovarci il sabato successivo.
Infatti, ma i rappresentanti del PST declinarono, il pianificatore di Minusio era in quota socialista.
Al termine della seconda riunione si decise di lavorare con i Consiglieri Comunali e un gruppo di simpatizzanti in funzione di un rapporto di minoranza. Ci si trovava una volta la settimana, io studiavo a Zurigo.
Dopo 3 mesi il Cavagna ci disse che era molto interessante il lavoro che stavamo facendo, che sarebbe stato utile organizzare un incontro con un rappresentante cantonale. Venne Giovanni Buzzi, vescovo PSA.
Non mi lasciò parlare più di 5 minuti poi ci disse che erano tutte cazzate, che il problema dei PR è che costano tantissimo, troppo, che a pagare tutto questo sono i proletari (sic).
Sandro Bianconi tentò una timida difesa parlando di ricerca culturale.
Io mi arrabbiai ancora di più ma ci ho messo altri 3 mesi per capire che il vescovo me l’avevano mandato solo perché si cominciava a dar fastidio.
Ho l’impressione che dopo 40 anni stiamo anche peggio.
Cordiali saluti.
ReMa
Decidere con coscienza
(articolo trasmesso ai Municipali di Bellinzona)
dopo aver letto queste mie considerazioni Vi ritengo liberi di decidere secondo coscienza e comunque obbligati ad assumerVi la Vostra piena responsabilità.
Il progetto per il “nodo intermodale” alla Stazione FFS di Bellinzona, degli architetti Orsi e Sauerwein, è l’errore più grande all’ordine del giorno; una catastrofe, non solo urbanistica, nel Centro di Bellinzona.
(una catastrofe paragonabile solo allo sventramento dei quartieri medievali della Cervia, per far posto all’autosilo, e della Piazza Mercato, il quartiere dietro il Palazzo del Municipio; scempi che si sono consumati nei primi anni ’70).
Approvare il progetto per il “nodo intermodale” alla Stazione FFS di Bellinzona, degli architetti Orsi e Sauerwein, è tanto più grave dal momento che esiste un progetto alternativo che costa meno, è più economico ed è più funzionale, ma che le autorità e i funzionari competenti non hanno mai voluto (si rifiutano di) considerare.
Non solo, ma con argomenti “fuorvianti” (un eufemismo), le autorità e i funzionari competenti descrivono il progetto alternativo come non fattibile e dai costi esorbitanti.
Il progetto alternativo, degli architetti Snozzi Malisia, che è parte del progetto che ha vinto il terzo concorso per la sistemazione della Stazione FFS di Bellinzona, in parte realizzato, prevede una grande piazza orizzontale, lunga quanto l’intero complesso della Stazione ristrutturata e che si estende fino alla scultura dell’Helvezia di Remo Rossi.
Sotto questa piazza, che ha il compito di rafforzare l’unitarietà del complesso della Stazione e che si affaccia sul viale Stazione, è previsto il nodo intermodale con l’accesso per gli autopostali e i taxi dal vicolo Nadi (dietro il ristorante Bavarese) e l’uscita direttamente sulla via Lodovico il Moro (dopo la curva del Leon D’Oro).
Questa soluzione permette di separare il flusso dei pedoni (da e per la stazione) dal traffico veicolare privato e pubblico, permette di togliere tutto il traffico dal viale Stazione (fatta eccezione per il raccordo tra via Pellandini e via Daro) permette di accedere al “nodo intermodale” direttamente dal sottopassaggio esistente (basta tagliare un buco nel muro di cemento armato al piano -1, a lato del negozio Coop).
Questa soluzione permette inoltre di costruire 2 o 3 piani di posteggi per veicoli privati, con entrata ed uscita direttamente su via Daro, là dove purtroppo è previsto il “nodo intermodale” progettato dagli architetti Orsi e Sauerwein, e permette pure di costruire un nuovo edificio sopra i detti posteggi.
Le autorità e i funzionari competenti fanno credere che questo progetto comporti costi impossibili anche per la presenza di chissà quali infrastrutture sotterranee e anche di un collettore dei riali che scendono da Daro.
Siccome basta informarsi, mi hanno specificato che:
– esiste un collettore, del diametro di cm …, con dei cavi elettrici, che attraversa la Piazza Stazione ed entra nell’edificio della Stazione al piano -2, dunque ad una quota inferiore al previsto “nodo intermodale” interrato
– esiste un collettore che raccoglie le acque dei riali che scendono da Daro e attraversa, sotto i binari della ferrovia, a nord della passerella che collega Daro e della scala che raccorda via Lodovico il Moro.
Considerando che il collettore corre interrato a Nord di via Lodovico il Moro, dunque ad una quota molto inferiore al “nodo intermodale” secondo il progetto Snozzi-Malisia, pensate davvero che sia difficile e costoso costruire un tombone a lato della passerella e raccordare le 2 quote? Per piacere un minimo di serietà. Sono lavori di ordinaria amministrazione nei lavori di scavo di molti cantieri.
Ma il dramma non finisce qui: tutta l’area nord-est di Bellinzona, da via Pellandini alla stazione FFS, fino a via San Gottardo, Piazza Mesolcina, via General Guisan, sarà perturbata con traffico pubblico e privato che si incrocia all’inverosimile.
Invece di limitare il traffico privato (automobili e motociclette) alla via Pellandini e alla via Daro, perché va garantito l’accesso a Daro e Artore, ce lo dobbiamo sorbire anche sul viale Stazione, su via Lodovico il Moro e anche sul vicolo Santa Marta, che attualmente è un vicolo pedonale.
Il motivo è semplice, sciaguratamente, il posteggio park and rail, i posteggi dei taxi e i posteggi per motociclette sono previsti a nord della stazione.
Sciaguratamente perché sarebbe più logico mettere i posteggi, su più piani, al posto del “nodo di intercambio” in consultazione, con entrata e uscita direttamente da via Daro.
Anche il traffico pubblico, che potrebbe scorrere a senso unico lungo via Pellandini, via Daro, vicolo Nadi per entrare nel “nodo intermodale” sotto la piazza Stazione, come da progetto Snozzi-Malisia, e uscire direttamente sulla via Lodovico il Moro e immettersi sul viale Officina, verso sud o verso nord, ce lo dobbiamo sorbire, nelle due direzioni, su via Pellandini, sul viale Stazione, su via Lodovico il Moro e ancora sul vicolo Santa Marta.
Evidentemente non siamo contrari al “servizio a domicilio” per tutti, ma è un’altra cosa.
Considerando che a Bellinzona ci saranno 3 svincoli autostradali con entrata in città rispettivamente da via San Gottardo, via Zorzi e via Tatti, si può pretendere che su tutte le altre strade della città la velocità del traffico sia ridotta a 20 km/h; saranno al massimo 500 metri per raggiungere la propria casa o il proprio posto di lavoro.
Solo chi ha la pratica di leggere piani tecnici si accorge che, per garantire il flusso del traffico pubblico e privato previsto, gli estensori di questo progetto in consultazione sono costretti ad allargare la curva di via Lodovico il Moro presso il Leon d’Oro, costruire una nuova rotonda sull’intersezione tra la via Lodovico il Moro e il viale Officina e ad allargare, di molto, il vicolo Santa Marta.
Gli incroci stradali sulla piazza Mesolcina, regolati da semafori “intelligenti”, che sono già particolarmente sollecitati, rischiano (per usare un eufemismo) il collasso con l’innesto, nelle due direzioni, del traffico pubblico, del traffico privato e delle ciclopiste da e per il vicolo Santa Marta. Una vera assurdità.
Solo chi ha dimestichezza con la lettura dei piani tecnici e nel contempo conosce bene il comparto in oggetto si accorge che si vogliono (devono) sacrificare molti alberi, diversi dei quali sono probabilmente segnalati come degni di protezione.
Constato che, a riguardo, nella voluminosa documentazione in consultazione, non c’è il piano e neanche una documentazione fotografica che documenta il taglio degli alberi. Risulta che manca anche il piano generale con la nuova piantumazione, eventualmente in sostituzione di quelle sacrificate.
E’ evidente il tentativo di occultare.
Anche a proposito dei costi si sentono cose incredibili a parte il fatto che si dovrebbe parlare di economia.
Un progetto può essere poco costoso ma anche poco economico e addirittura anti-economico e un progetto può essere molto costoso e nel contempo molto economico.
L’accesso al “nodo intermodale”, progetto Snozzi-Malisia, è quasi gratis perché c’è già, si deve solo aprire il passaggio nel muro di Cemento Armato esistente.
Il volume di scavo per costruire il “nodo intermodale”, progetto Snozzi-Malisia, è equivalente a quello per il “nodo intermodale” in consultazione ma costa molto meno perché non necessita di costosi muri di contenimento lungo i binari, come nel caso del “nodo intermodale” in consultazione.
La copertura del “nodo intermodale”, progetto Snozzi-Malisia, con relativa pavimentazione della piazza, probabilmente costa qualche cosa in più, ma non è da sottovalutare il costo della copertura del “nodo intermodale” in consultazione, soprattutto per quanto riguarda i costi di manutenzione.
Inoltre il progetto Snozzi-Malisia, che semplifica di molto il traffico pubblico e privato del comparto nord-est di Bellinzona, non necessita dell’allargamento stradale sulla curva di via Lodovico il Moro in prossimità del Leon d’Oro, non necessita di una ulteriore rotonda sull’intersezione tra via Lodovico il Moro e il viale Officina, non necessita della trasformazione del vicolo pedonale di Santa Marta, non necessita di un nuovo impianto semaforico che rende comunque ancora più complessa la circolazione in piazza Mesolcina.
I funzionari e le autorità cantonali e cittadine di competenza e la Commissione Regionale dei Trasporti Bellinzonesi sostengono che il progetto degli architetti Snozzi-Malisia non sia fattibile per motivi di costi e citano in particolare le difficoltà per la presenza del collettore di acque chiare (in particolare del riale Bone che scende da Daro) e di acque scure.
E’ un’argomentazione ridicola!
Questo collettore si trova a nord della scala che collega via Lodovico il Moro con il piazzale della stazione e a nord della passerella pedonale che collega la stazione con Daro. Tra il piazzale della stazione e via Lodovico il Moro ci sono quasi 10 metri di dislivello per cui, nell’ambito dello scavo per il “nodo intermodale”, progetto Snozzi-Malisia, sarebbe facilissimo spostare un po’ più verso i binari il raccordo tra i 2 diversi livelli del collettore per eventualmente consentire, attraverso il “nodo intermodale”, progetto Snozzi-Malisia, l’accesso alle aree a nord della stazione FFS.
Ridicola anche la storiella secondo cui le persone rifuggono gli spazi interrati. A parte il fatto che si possono illuminare con luce naturale gli spazi del “nodo intermodale”, progetto Snozzi-Malisia, la quasi totalità degli spazi commerciali funzionano con luce artificiale, come pure le stazioni delle metropolitane. … e la tecnica dell’illuminazione artificiale ha fatto passi tali da permettere la coltivazione di vegetali e non solo della canapa.
Si spera che nell’ambito della Nuova Aggregazione Bellinzonese, le prossime autorità cittadine abbiano la forza per valutare con maggior acume i processi di pianificazione, coinvolgendo, finalmente, la popolazione.
L’EFFICENZA di una buona amministrazione non si misura con la velocità con cui si approvano progetti, magari di altri, ma con le qualità dei progetti proposti, che hanno conseguenze sul lungo periodo.
I tigli (alberi longevi)
(Articolo pubblicato su La Regione)
Ho una certa ammirazione per Napoleone e non solo perché, grazie al suo Editto, del 1803, viviamo ancora di rendita. Risulterebbe che, nelle sue campagne militari, nelle retrovie avesse squadre di giardinieri che piantavano viali alberati sul suo passaggio. Grande megalomania, ma anche grandissima generosità; lui non avrebbe mai visto quegli alberi nel loro splendore.
Generosità che, oggi, neanche c’immaginiamo. “Però non tagliatemi i nostri alberi!”
Forse è necessario; però, se pianto un tiglio crescerà un tiglio; lo stesso per un bagolaro piuttosto che un sorbo degli uccellatori o …
Sarei più preoccupato dalla demolizione di un edificio di pregio come potrebbe essere la vecchia Posta o l’ex-Ginnasio di Camenzind, o il complesso della Scuola Elementare Nord, tanto per fare degli esempi, perché temo che non siamo in grado di sostituirli con opere degne. Per contro, la maggior parte delle “ville 800esche”, protette, le preferirei demolite e sostituite con costruzioni che abbiano una logica. Per esempio: gli edifici del Quartiere San Giovanni, modesti, sono anche antistorici. Il Quartiere era stato pensato con edifici contigui che si affacciano sulla strada e la definiscono, con attività commerciali, artigianali e di ristoro al piano terra e la corte interna. Purtroppo ai nostri Borghesi di allora non interessava quel carattere cittadino, in auge in tutte le città europee sul modello del “Plan Cerdà” di Barcellona; in quei recinti hanno voluto villotte autoreferenziali.
L’unica che ha un significato, e una coerenza formale, è la villa Antognini che qualifica il parco che definisce il quartiere verso il viale Henri Guisan.
Ma torniamo al viale Stazione. Piangete per cento tigli che sono da abbattere in conseguenza del nuovo e scellerato “Nodo intermodale” che avete accettato senza porvi alcun interrogativo!
C’era una proposta semplice, funzionale, economica, che permetteva di togliere il traffico dal viale Stazione e di separare il flusso dei pedoni (da e per la Stazione) dal traffico dei mezzi pubblici. Il progetto del consorzio “Snozzi-Pini-Rigozzi” prevedeva una grande piazza rettangolare, lunga come tutto l’edificio della Stazione ristrutturato e larga fino alla statua dell’Elvezia, sotto la quale era previsto il “Nodo intermodale” con accesso pedonale direttamente dal sottopasso (accanto al negozio della Coop).
Lacrime di coccodrillo. Chiedetevi perché le FFS, il Cantone e la città non permettono di pubblicare (non hanno pubblicato) quel progetto!
Renato Magginetti
Aree industriali e artigianali
C’è un problema tragico.
Quando un Comune, o il Cantone, definiscono un’area industriale, non sono neanche capaci (quasi mai lo sono stati) di operare un raggruppamento dei terreni che è proprio il minimo per ottenere una minima razionalità dell’area (nel nostro caso, industriale).
Un edificio industriale ha sempre un’entrata per le persone (direzione, impiegati, operai, clienti e rappresentanti) e un’entrata/uscita per i prodotti, spesso trasportati con pesanti autocarri; e ha un’area con gli uffici e un’area per la produzione/trasformazione dei prodotti.
Sembra ovvio ci debba essere una strada (lenta) per le persone (con anche qualche posteggio), sulla quale si affacciano gli uffici e una strada (più “pesante”) per gli autocarri che accedono all’area di carico e scarico delle merci a ridosso dei “capannoni” di produzione.
Il grande potenziale dell’Aggregazione di Bellinzona è rappresentato da importanti aree industriali e artigianali, che si trovano in posizione strategica, che sono da dedicare ad attività di lavoro.
L’area FFS di San Paolo
E’ lo scalo merci quasi dismesso.
Oltre alla Stazione Tilo, c’è spazio per ulteriore area artigianale, in aggiunta a quella che si estende ai piedi del terrazzo ferroviario, lungo la via San Gottardo.
Ai piedi del terrazzo, lungo il confine della ditta Regusci, c’è un terreno di proprietà del Comune, affittato alla stessa e alla quale il Comune era intenzionato a venderlo per pochi soldi, come fosse uno scorporo.
Quel terreno è fondamentale per costruire una strada d’accesso per il trasporto pesante tra la chiesa Rossa e il terrazzo. Accesso alla Stazione Tilo e alla nuova area artigianale.
Giubiasco
Definizione del “Nuovo” Centro Storico
La Piazza Grande

