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Ecologia, risorse, energia, territorio (x ForumAlternativo, quaderno 31)

L’ecologia (analisi scientifica delle interazioni tra gli organismi e il loro ambiente) m’interessa soprattutto nel rapporto tra noi, uomini e donne, ed il nostro ambiente, che abbiamo abbastanza compromesso. Dobbiamo riflettere sull’uso parsimonioso di risorse, energie e territorio – e per risorse ed energie si intendono anche quelle umane. Sciaguratamente oggi prevale un approccio consumistico.

Il cittadino vive in città, il villano nel villaggio, il contadino nella fattoria o nel villaggio, tutti gli altri in periferia. Non ci sono più cittadini: i pochi rimasti sono equiparati a “rompi scatole”. Siamo solo consumatori, che producono, trasformano, promuovono e divorano. Non c’è più città, né villaggi né borghi: da quando abbiamo perso la nozione di limite, è tutto una discarica di villotte, casette, palazzine, recinti, strade, posteggi, … La città è persa, sciolta dentro un mare di periferia che fagocita tutto, tranne laghi e corsi d’acqua (i boschi sono protetti dalla Legge Federale Urgente del 4 ottobre 1991).

I fattori che caratterizzano questa periferia cancerogena che ha snaturato le città sono tre:
– una diversa parcellizzazione rispetto a quella che troviamo all’interno dei Centri e dei Nuclei Storici (con le antiche parcellizzazioni di prati, campi e pascoli smembrate a tavolino da “geometri”, con l’uso rudimentale di una squadra).
– un’infinità di normative edilizie, soprattutto di Piani Regolatori nati vecchi, dalla presunta natura divina, assurde e inutili, che non hanno mai avuto alcuna relazione con modelli architettonici e o urbanistici. Normative di cui si evita di conoscerne l’origine.
– l’assenza di spazio pubblico, spazio privato e spazio intimo, solo area pubblica o area privata.

Nel secondo dopo guerra abbiamo abbandonato città, borghi e villaggi. Si fuggiva perché si identificavano con miseria: costruzioni fatiscenti, servizi igienici precari, per l’acqua s’andava alla fontana ma, soprattutto, un sistema patriarcale asfissiante. Così siamo caduti nel mito della “casetta con il giardino”, e poi l’automobile.

Torniamo ai nostri antenati. Avevano imparato a costruire le case laddove non era possibile altro, né prati, né campi, né pascoli. Le case, una accanto all’altra, attorno a spazi di scambio e di magia (luoghi molto belli e strategici), una vicina all’altra per proteggersi dal freddo d’inverno e dal caldo d’estate, e per definire spazio – pubblico, privato e intimo – nel quale identificarsi e comunicare. La campagna era preservata per motivi di sussistenza. Molte città erano cintate da mura, per difendersi dalle bestie feroci e dagli attacchi di tribù ed eserciti nemici, ma era più importante il simbolico: dentro o fuori, città o campagna.

La “città” (ma anche il borgo ed il villaggio) può crescere solo quando ci sono limiti precisi, ristretti, che si ridefinivano e ampliavano solo quando aveva raggiunto la saturazione. Torniamo all’uso parsimonioso!

Quartiere Officine e nuovo lavoro (x CdT)

Quando un Municipio fa marketing ci si dovrebbe interrogare: “ma cosa stanno vendendo?”
Il Comune ha promosso un Masterplan per la “La Nuova Bellinzona” e uno, separatamente, per il “Quartiere Officine”. Un Assurdo! Prima si studiano le potenzialità e le strategie per la “città”, solo subordinatamente, quelle per le “Officine”.
Per la “Nuova Bellinzona” sono stati scelti 3 gruppi di “professionisti”. I loro lavori sono stati ignorati. Il Municipio si è inventato il PAC affidato al paesaggista Andreas Kipar, che ha codificato le desiderate del Municipo, piegato sulle voglie dei poteri forti: FFS, Ferrerie Cattaneo, Credit Suisse.
Il risultato del Masterplan per il “Quartiere Officine” dimostra l’irrazionalità delle premesse: inaccettabili anche sul piano morale. L’indice di sfruttamento concesso alle FFS (2.2) non è solo il più alto di Bellinzona (i terreni sul viale Stazione hanno l’1.8) ma, di fatto, è di almeno 4.0 perché l’indice è calcolato in funzione della superficie edificabile, escluse le aree dello spazio pubblico (strade, piazze, parchi).
Il tipo di pianificazione che accettiamo da almeno 60 anni è la causa del dissesto economico e finanziario dei nostri Comuni, Cantoni e Confederazione! Altro che i costi della sanità, della socialità e del lavoro messi insieme!
Nel dopoguerra abbiamo abbandonato i nuclei storici perché si identificavano con miseria (le case erano fatiscenti, i servizi igienici precari, per l’acqua s’andava alla fontana) e, soprattutto, il sistema patriarcale era asfissiante. Una fuga accentuata dal fatto che la campagna ha perso la funzione di sussistenza; i terreni hanno assunto un nuovo valore: immobiliare.
La proprietà fondiaria era molto frastagliata, era interesse di tutti avere i propri terreni in zona edificabile. Questo fenomeno ha rappresentato un’incredibile leva di ridistribuzione della ricchezza, ma è anche la causa del dissesto territoriale. Oggi, il costo irrisorio del capitale, genera un nuovo boom edilizio, distruttivo, che occupa tutti i terreni edificabili rimasti.
Un’altra politica: La Legge sulla Pianificazione Territoriale ha introdotto uno strumento molto interessante che, se applicato, può contribuire alla riorganizzazione del territorio:
lo sviluppo insediativo centripeto.
“In sintesi si tratta di guidare l’evoluzione degli insediamenti verso una maggiore concentrazione di abitanti e posti di lavoro in luoghi strategici, luoghi ben allacciati al trasporto pubblico, dotati di commerci e servizi alla popolazione e all’economia, nonché di punti d’attrazione per attività di vario tipo (culturali, di svago ecc.)”
Dobbiamo contenere la periferia diffusa per ricostruire la campagna, costruire città, tendere all’uso parsimonioso, inventare nuovo lavoro.
Il “Quartiere Officine” deve essere riservato per NUOVO LAVORO!

Renato Magginetti

“Periferia cancerogena” e Nuovo Quartiere Officine (x ForumAlternativo, quaderno 29)

Il progetto per il “Nuovo Quartiere Officine” è stato finalmente svelato. E i dubbi non hanno tardato ad arrivare: come non notare l’assurdità di edificare dei quartieri di palazzoni residenziali in una città che è già in piena bolla immobiliare? In una città che ha assoluto bisogno di aree in posizione strategica da riservare al lavoro (industria leggera, di artigianato, di start up, di studi vari, di ricerca e di formazione) e all’industria del turismo? Non ci sarebbe posto migliore per ospitare la scuola alberghiera, un albergo e naturalmente ristoranti, bar, osterie e locali per ascoltare buona musica, dando a Bellinzona un’offerta degna delle altre città della Svizzera.

Non resta che sperare nella lungimiranza dei nuovi dirigenti delle FFS, in particolare il signor Vincent Ducrot, nuovo CEO delle Ferrovie Federali Svizzere e già direttore generale dei Trasporti pubblici friburghesi – che, ricordiamo, è laureato in ingegneria elettrica e specializzato in informatica, non un manager e avvocato come il suo predecessore. Di fronte alla cecità delle autorità politiche, la speranza è che almeno questi dirigenti siano in grado di capire che le potenzialità della Nuova Bellinzona e del Ticino intero non si limitano allo sfruttamento immobiliare senza scrupoli.

I nostri politici, Consiglieri di Stato e Municipali, si pavoneggiano con parole altisonanti: creatività, innovazione, eccellenza, e ancora ecosostenibilità ambientale, green economy, cutting-edge technology, smart city, smart recycling. Peggio che la pubblicità del “Mulino Bianco”. Ma se il Cantone aspirasse davvero ad avere una sua sede regionale del “Parco Svizzero nel campo dell’innovazione” – andando ad aggiungersi ai due politecnici federali di Zurigo e Losanna, agli “hub” che vi gravitano attorno e alle tre reti regionali del Canton Argovia, della Svizzera nordoccidentale e di Bienne – non si lascerebbe sfuggire questa occasione. L’intero terreno delle ex Officine federali è infatti il luogo ideale per ospitare una tale struttura, essendo situato/a tra Zurigo e Milano.

Ma i problemi non finiscono qui. Un politico competente avrebbe capito che un terreno industriale come questo, regalato alle FFS, oggi vale al massimo 500 Fr./mq. Avrebbe capito che alle FFS non servono più le Officine (le locomotive le prendono in leasing o a noleggio), per cui sarebbe stato semplice: a questo prezzo, il Cantone e la città avrebbero potuto comperare il sedime di 120’000 mq per 60 milioni di franchi. Anche volendo essere molto generosi, alle FFS si poteva offrire il doppio come è stato effettivamente fatto. E se le FFS si fossero rifiutate di cedere il terreno a questi prezzi, sarebbe bastato lasciare il sedime come zona industriale… Si può star certi che non avrebbero tardato a tornare sui loro passi. Il Cantone e il Comune, invece, oltre ad aver sborsato 120 milioni, concedono alle FFS di costruire sui suoi terreni immobili residenziali con l’indice di sfruttamento più alto di Bellinzona, andando ad aumentare il valore dei loro terreni fino a 2’500-3’000 Fr./mq.

È vero che le FFS cedono alla città 40’000 mq del sedime (che a 500 Fr./mq corrispondono a 20 milioni di franchi). Ma perché? Intanto perché è una superficie lontana dal centro e dalla stazione. Ma, soprattutto, perché vi si trova la “Cattedrale” delle Officine, che è un bene protetto. Figuratevi se le FFS vogliono accollarsi una tale rogna. La sua ristrutturazione sarà a carico della Nuova Bellinzona. Senza considerare che saranno ancora la città e il Cantone a doversi far carico di trovare terreni agricoli per compensare quelli di Castione. Tutto questo in sfregio ai tanti piccoli e medi proprietari fondiari e immobiliari che da generazioni pagano le imposte in questo comune; e già massacrati dalla concorrenza delle casse pensioni (per le quali i “politici” fanno ponti d’oro) e dai capitali di dubbia provenienza che tutti fanno finta di non vedere.

Ma veniamo al Masterplan “Nuovo Quartiere Officine”. Il terreno delle FFS si trova nel comparto definito a est dal tracciato ferroviario, a sud dalla via Ludovico il Moro, a ovest dal viale Officine che si prolunga nella via San Gottardo, e a nord da via al Prato. Nel bando di concorso erano elencati i “molti” contenuti richiesti e – trattandosi appunto di un Masterplan (Piano Maestro) – oltre al confine del terreno FFS era indicata anche un’area di interesse circostante (qualsiasi nuovo edificio ha un impatto che va oltre il limite della propria parcella, come è evidente). Peccato che nessuno dei cinque gruppi di “professionisti” invitati a lavorare al progetto si sia degnato di considerare quanto sta attorno, né abbia considerato (e rispettato) le proprietà all’interno del comparto, in particolare lungo via San Gottardo, via al Prato e via Pantera. Un vero e proprio “massacro” a danno, ancora una volta, dei piccoli proprietari, il che è vergognoso. Ma a voler discolpare i professionisti in questione, bisogna anche riconoscere che la debolezza di un progetto è spesso dovuta a delle premesse sbagliate…

Un progetto e rispettivamente un piano catastale sono da leggere come un romanzo o un atto giuridico: ogni riga, come ogni parola, ha un significato. Il termine “periferia cancerogena” è usato per descrivere quel proliferare disordinato di costruzioni e recinti e strade e posteggi che invade tutto, prati, campi, pascoli (ricordiamo che il bosco è protetto dalla Legge Federale Urgente del 4 ottobre 1991) ed intacca anche i nuclei di villaggi, borghi, città, sviluppandosi come un cancro.

A Bellinzona, attualmente, abbiamo due tipi di periferia cancerogena. La prima è quella composta da casette, villine, villette e villotte dentro giardini delimitati da una miriade di recinti diversi uno dall’altro. La seconda è quella composta da palazzine (che hanno sostituito la maggior parte delle casette e villotte) delimitate da strisce di 4-5 metri di larghezza con erba, cespugli e piantine, con la stessa tipologia di recinti.

Grazie al “Nuovo Quartiere Officine”, a Bellinzona avremo una nuova tipologia di “periferia cancerogena”, di tipo metropolitano, senza recinti tra i “moderni” palazzoni ma con erba, tanti cespugli e alberi tra un posteggio sotterraneo e l’altro. Senza dimenticare l’erba sui tetti e forse anche la verdura sulle facciate, di quel genere che va tanto di moda in Cina grazie al Boeri di Milano.
Benvenuti nella Bellinzona del futuro.

Renato Magginetti

Carne vale carne (x ….)

A Bellinzona ci sono due cose che funzionano: il mercato del sabato e il Carnevale (prima del Covid). Tutte le altre attività, culturali, ludiche, popolari, sono subordinate al rispetto dei 60 decibel perché agli abitanti del centro dà fastidio il rumore (già non ci sono più bambini e ragazzi che schiamazzano nelle strade e nelle piazze).
Immaginatevi i “fighetti felici” in mostra nel progetto del Nuovo Quartiere Officine che ha vinto il relativo Masterplan e nel video pubblicitario prodotto dalla “città”.
Guardate bene l’immagine dell’interno della “Cattedrale”! Sotto la bandiera di Bellinzona e la pubblicità della mostra di Leonardo Da Vinci, in bella vista si legge “City Brain”. Imparate l’inglese! Significa che “utilizzando dati completi in tempo reale sulla città, si ottimizzano in modo olistico le risorse pubbliche urbane correggendo istantaneamente i difetti nelle operazioni urbane. Ciò porta a numerose scoperte nei modelli di governo urbano, nei modelli di servizio e nello sviluppo industriale”.
T’é capii! E perché il grande spazio della “Cattedrale” è riempito con elementi di arredo urbano, fioriere con selezioni di graminacee, di arbusti da fiore, di piante perenni e alberi?
Di sicuro c’è che i futuri, sofisticati inquilini degli appartamenti di lusso, di proprietà delle FFS-Immobilien, non gradirebbero essere disturbati dal rumore confuso di voci concitate di giovani che giocano nei sottostanti prati secchi e tantomeno dal frastuono di eventuali concerti nella “Cattedrale”.
Ecco perché considero assurdo costruire palazzoni residenziali di alto livello (standing) in quel immaginato Nuovo Quartiere che, invece, deve restare riservato a NUOVO LAVORO: industria leggera, artigianato, start up, studi vari e di ricerca e di formazione (anche per migranti). Io ci metto anche l’industria del turismo: la scuola alberghiera, un albergo (in relazione con le torri dei Castelli) e naturalmente ristoranti, bar, osterie e discoteche e locali per ascoltare buona musica.
Sono queste le attività che fanno di un luogo una città e non un dormitorio.
Polo scientifico, parco tecnologico, parco dell’innovazione, incubatore, “cluster”?
Di solito s’intende un’area che raggruppa le sedi di diverse aziende di alta tecnologia e informatica ed alcuni dipartimenti universitari. Svolgono il ruolo di aggregatori di imprese innovative che puntano a sviluppare la crescita economica del territorio favorendo il dialogo tra aziende, università e centri di ricerca. Importante è mettere a disposizione spazi caratterizzati da infrastrutture contemporanee e di grande flessibilità (uffici, laboratori, locali di produzione; spazio coworking; startup incubator; sale eventi e sale riunioni). Spazi piccoli e grandi aperti a qualsiasi tipo di lavoro; non è importante che l‘attività o l’azienda duri 6 mesi, 5 anni o più; importante che ci sia una varietà, una mescolanza di mestieri; importante è ritrovarsi, anche casualmente, nei “corridoi”, in caffetteria, alla mensa o al ristorante (anche in discoteca) e scambiarsi le esperienze, veicolare le idee, perché le professioni sono sempre più connesse.
E’ bene che queste attività si trovino in posizione strategica, vicino ai nodi di trasporto pubblico (la stazione ferroviaria) e al centro cittadino. L’intero terreno del comparto delle Officine è il luogo ideale, tra Zurigo e Milano. I nostri politici la smettano di riempirsi la bocca con parole roboanti (creatività, innovazione, eccellenza), siano concreti; che si facciano illuminare. (d’immenso)

Renato Magginetti

La Nuova Bellinzona (per LaRegione)

E’ l’aggregazione di 13 Comuni nata dal basso: tre Sindaci e alcuni Municipali.
La considerano impropriamente città convinti che sia il numero di abitanti a renderla tale.
No! E’ un’accozzaglia di villaggi e borghi dentro una grande periferia che definisco cancerogena perché si sviluppa come un cancro, che fagocita tutto.
Una piccola parte di Bellinzona avrebbe il potenziale per diventare città, Giubiasco ha la potenzialità per diventare un borgo forte, gli altri “quartieri” (tra questi Daro, Artore, Ravecchia, Pedevilla, Le Semine, Carasso) dovrebbero valorizzare le loro peculiarità attorno ai propri nuclei, sull’esempio di Monte Carasso.
Si dovrebbe eliminare (contenere) la periferia che ha costi, economici e sociali, insostenibili.
Il Comune ha promosso un Masterplan per la “La Nuova Bellinzona” e uno, separatamente, per il Nuovo Quartiere Officine FFS. Un assurdo.
Gli autori delle tre proposte Masterplan Bellinzona non sembrano saper leggere il territorio, rispettivamente un piano di catasto, ma neanche l’evoluzione storica, per capire cosa è arrivato prima e cosa dopo e perché.
Soffermiamoci sul “quartiere” di Bellinzona. Dominato dai tre castelli, è caratterizzato dal centro medievale, tra la collina e la rocca, e da interventi 800eschi: la stazione ferroviaria con il suo viale, i quartieri di San Giovanni e di via V. Vela, i viali G. Motta, Henri Guisan, Portone, Murata e S. Franscini.
Con l’arrivo della ferrovia, 1870, i Bellinzonesi avevano scoperto la modernità e si sono messi all’opera per trasformare il vecchio borgo, in una moderna cittadina; purtroppo tutto si è arenato con lo scoppio della prima guerra mondiale.
Ci sono anche interventi architettonici-urbanistici del moderno, molto importanti: lo stabile amministrativo cantonale a lato del palazzo delle Orsoline, il quartiere Stalingrado, la cooperativa Moderna, l’aggiunta alla Scuola Nord, l’ex ginnasio, l’ex Nuova Caserma, il Bagno Pubblico, il Centro Tennis, la piscina coperta e lo stadio del ghiaccio, la Nuova Banca Stato, i palazzi dell’arch. Bianconi in via Vallone, l’ex Centro Swisscom. Anche lo Stadio Comunale è in posizione strategica.
A Bellinzona, di fatto, c’è un grande Parco Centrale, attrezzato con importanti edifici e impianti pubblici, che si affaccia sulla golena del fiume Ticino, attorno al quale si deve sviluppare la Città: quartieri densi, con edifici contigui e corti e cortili; tra il viale S. Franscini e il Dragonato, a ovest, e tra il viale G. Motta e via Varrone e via Vallone, a est.
Sono terreni strategici che appartengono a tanti piccoli e medi proprietari fondiari e immobiliari che da generazioni pagano le imposte in questo Comune.
Per permettere di trasformare l’attuale squallida periferia in quartieri cittadini, questi terreni andrebbero liberati da normative obsolete, assurde, presuntamente divine, (distanze da confini ed edifici, in funzione delle altezze e delle lunghezze delle facciate, ecc.) che non hanno mai avuto alcun rapporto con modelli architettonici-urbanistici. Anche gli indici di sfruttamento andrebbero adeguati.
Il comparto delle Officine FFS, invece, dovrebbe diventare un quartiere cittadino dedicato unicamente al lavoro: industria leggera, artigianato, start up, studi vari e di ricerca e di formazione; io ci metterei anche l’industria del turismo (la scuola alberghiera, un albergo e naturalmente ristoranti, bar, osterie e discoteche e locali per ascoltare buona musica).
A Bellinzona abbiamo bisogno di aree in posizione strategica da dedicare al lavoro!

Renato Magginetti

“Nuovo Quartiere Officine” (x CdT)

Masterplan, parola inglese che riempie bene la bocca, che ognuno interpreta a modo suo senza sapere; andrebbe tradotta con “Piano Maestro”, un piano che detta le regole.
A Bellinzona ci sono esempi:
Il quartiere medievale aveva, ha, regole chiare. Tra la collina e la rocca e dentro la murata si costruiva, fuori no. La murata ha tre porte, di conseguenza le vie Codeborgo, Camminata e Teatro che formano una Y e, sull’intersezione, la Piazza Nosetto con il Palazzo del Municipio. Le case, contigue, si affacciano sulla strada, dietro c’erano cortili, frutteti, orti e strutture per animali; che, nel tempo, sono stati sostituiti da nuove costruzioni; un lento e ricco processo di densificazione.
Le vie Codeborgo e Camminata corrono nord-sud, così gli edifici si affacciano a est e ad ovest per evitare il sole del mezzogiorno e il vento da nord. La via Teatro corre da est a ovest ma la rocca protegge le case dal vento. La densità del nucleo, in funzione dell’uso parsimonioso, permette di risolvere il freddo d’inverno e il caldo d’estate.
– Anche il Quartiere San Giovanni aveva regole chiare: quattro isolati sulla croce formata da via Visconti e via Alberto di Sacco; a ovest il parco che si affaccia sul viale Henry Guisan, caratterizzato dalla villa Beatrice. Gli isolati erano divisi in 6 parcelle che prevedevano edifici contigui sul limite della proprietà e corti interne. Doveva nascere un quartiere cittadino, con artigiani, negozi, osterie al piano terra. Purtroppo i “borghesi” di allora, in quei recinti, hanno voluto villette e villotte autoreferenziali.
– Anche il viale Stazione, che ha perforato il nucleo medievale per inserirsi magnificamente su Piazza Collegiata, ha regole chiare.
Alle Officine FFS?
Intanto un politico competente, Consigliere di Stato o Municipale, avrebbe capito che un terreno industriale come quello, regalato alle FFS, oggi vale al massimo 500.- Fr/mq.
Avrebbe capito che alle FFS le Officine non servono più, le locomotive le prendono in leasing o a noleggio; per cui sarebbe stato semplice:
il Cantone e la città comperano il sedime, mq 120’000 per Fr. 500.- sono sessanta milioni. Siano generosi; glie ne diano il doppio (centoventi). Le FFS non sono d’accordo? Si tengano il terreno; che però resta zona industriale (valore 500.- Fr/mq).
A Bellinzona abbiamo bisogno di aree in posizione strategica da dedicare al lavoro!
Dov’è la creatività, l’innovazione, l’eccellenza dei nostri economisti?
La città deve svilupparsi attorno al grande Parco Centrale che lega il Centro medievale al fiume Ticino. Un Parco attrezzato con importanti edifici e impianti pubblici di grande qualità architettonica e urbanistica: lo Stadio Comunale, l’ex-ginnasio, l’ex Nuova Caserma, il bagno Pubblico con la passerella che s’innesta sulla via V. Vela e si collega alla Piazza del Sole, il Centro Tennis, la Piscina coperta, lo Stadio del ghiaccio, l’Archivio e Bibblioteca Cantonale, il “Centro sistemi informativi”, il Centro Gioventù e Sport.
Si devono trasformare in quartieri cittadini i terreni tra il viale S. Franscini e il Dragonato, a sud, e tra il Viale G. Motta e via Varrone, dove c’è la chiesa del Sacro Cuore, e via Vallone dove i palazzi dell’arch. Bianconi definiscono la città verso nord. Sono terreni strategici che andrebbero liberati da normative obsolete, assurde, presuntamente divine, che non hanno mai avuto alcun rapporto con modelli architettonici-urbanistici. Anche gli indici di sfruttamento andrebbero adeguati.
Non dobbiamo massacrare ulteriormente i tanti piccoli e medi proprietari immobiliari che da generazioni pagano le imposte in questo Comune.

ReMa